Il "Fabri Fibra-pensiero": io, i rapper di oggi e il successo

L’artista, dopo la hit Pamplona, live sul palco

Fabri Fibra

Fabri Fibra

Trezzo Sull'Adda, 17 ottobre 2017 - “Dove sei? L’estate comincia adesso…”. Quando pensavi che ormai Fabri Fibra fosse stato incornato “a las cinco de la tarde” dal miura del pop Tommaso Paradiso in quel di Pamplona, è arrivato in radio “Stavo pensando a te”. E Fabrizio è tornato ad essere Fabrizio. Anzi, il “fenomeno” Tarducci in scena stasera al Live Club di Trezzo per la prima tappa del tour che lo porta pure all’Alcatraz il 23 ottobre e il 7 novembre. Prima, però, rilascia interviste “politically correct” via mail con pensieri e parole...

Il nuovo live è concepito sui pezzi di “Fenomeno” o segue un percorso suo?

«In effetti segue un percorso suo. In alcune parti dello show si aprono delle porte su “quello che sarebbe successo se...”. Abbiamo realizzato una specie di cortometraggio con i registi Igor Grbesic e Luca Marcionelli. I pezzi di Fenomeno sono quasi tutti presenti».

“I rapper di oggi ti fanno le scarpe”, mai avuta l’ansia?

«L’ho scritto apposta... Alcuni di loro mi piacciono anche molto, ma so anche che cosa posso fare io che loro non possono fare».

Da “Pronti, partenza via!” a “Pamplona”. Quanto conta la hit, il mercato nel successo di un disco e di un tour?

«Conta molto. C’è un sacco di musica là fuori, questa estate c’è stato il sovraffollamento di hit. Ho impiegato due anni per scrivere e pubblicare questo disco, ma ho potuto lavorare bene ed ero certo del valore artistico».

Il predecessore “Squallor” era più duro e puro di “Fenomeno”, ma le radio gli hanno “voltato le spalle e un po’ gliele ha voltate pure il pubblico”.

«Con “Squallor” ho voluto misurare la dimensione del rap e per farlo è bastato non promuoverlo per niente. Il risultato è stato un disco d’oro, senza i numeri dello streaming del 2017, però, visto che nel 2015 ancora non contava così tanto nelle classifiche così come conta oggi».

“Non torni più indietro una volta commerciale” diceva un suo pezzo. Conferma?

«Certo. È la definizione di “commerciale” che si trasforma in continuazione, come la verità».

La “responsabilità delle parole” è una cosa importante nei dischi, sembra esserlo però un po’ meno nel web, dove spesso fra rapper ce se le dà di santa ragione per avere un “like” in più. Col tempo il dissing non va un po’ a noia?

«Il dissing è uno degli elementi del rap e attira sempre l’attenzione. Se è ben fatto non annoia. Se invece prende lo stile del gossip, allora sì..».

Lei dice che il rapper italiano “vive nell’ombra di quelli americani, è come il ragazzino che nel campo da calcio vuole imitare Messi”. Quali sono, a suo giudizio, le eccezioni?

«Sono quelli che hanno un’identità propria forte che non è imitazione del rapper americano. Un equilibrio non facile da trovare e soprattutto da mantenere».