Val Carobbio, paura inondazione. La Protezione civile: "Bisogna evitare un disastro"

Dopo il fiume di fango del 2010 nulla è stato fatto ed è polemica. Il problema principale è costituito dall'alveo di un fiume dove crescono alberi e sterpaglie che rischiano di trasformarsi in una pericolosissima diga in caso di piena di Federica Pacella

Rolando Bennati, presidente del Gruppo Val Carobbio

Rolando Bennati, presidente del Gruppo Val Carobbio

Brescia, 26 ottobre 2014 - A Sant'Eufemia, quel maggio 2010 se lo ricordano bene. Un fiume di fango scese giù dalla Val Carobbio e allagò le strade. I video su Youtube e le foto raccontano ancora gli attimi di paura, le auto quasi sommerse, i cassonetti dell’immondizia trascinati a spasso come foglie. Non era la prima volta che l’acqua prendeva in ostaggio Sant’Eufemia e anche Costalunga subì grossi disagi. Dopo pochi mesi, la giunta Paroli affidò allo studio Pezzagno il compito di stilare un’indagine sullo stato del monte Maddalena, per individuare le priorità su cui intervenire. Responso dello studio, presentato nel 2013: rimettere in sesto il monte Maddalena costa 6milioni di euro. Le priorità? L’alta Val Fredda, a nord di Mompiano, e la Val Carobbio, a Sant’Eufemia.

Nel nuovo piano triennale delle opere, altri 600mila euro sono arrivati, sempre per Mompiano. Di Sant’Eufemia, invece, nessuna traccia di interventi per prevenire il rischio idrogeologico. Non solo: anche la convenzione che garantiva un contributo di 19mila euro per la pulizia della Val Carobbio, oltre che dei sentieri 1 e 2 della Maddalena (partenza Sant’Eufemia) è ferma da due anni. Anzi, da tre, solo che tre anni fa, il Gruppo Protezione Civile Val Carobbio, la pulizia l’ha fatta lo stesso, ma i soldi dal Comune non sono mai arrivati. Eppure fare la manutenzione è importante.

Il perché ce lo spiega Rolando Bennati, storico presidente del Gruppo Val Carobbio, che ha una profonda conoscenza del territorio. «La Val Carobbio è attraversata da un alveo di un fiume che è sempre in secca, tranne quando piove. Il problema è che in caso di precipitazioni copiose, si forma un fiume di fango. Fermarlo è difficile». Lungo il percorso, ci sono degli sbarramenti che servono per rallentare la velocità dell’acqua e bloccare massi e piante. Ma se le piogge sono eccezionali, a poco servono. «Se non si tiene pulito l’alveo, ci crescono piante ed alberi, che, in caso di pioggia, vengono trascinate via. Il rischio è che si formi un effetto diga: se piove tanto, viene giù acqua, fango e piante».

“Giù” vuol dire nel centro abitato di Sant’Eufemia, che è giusto allo sbocco della Val Carobbio. «Per evitare del tutto che il fiume arrivi nel quartiere bisognerebbe fare un grosso intervento strutturale, per indirizzare l’acqua altrove. Nel frattempo, la manutenzione è fondamentale. Nel 2010, a Sant’Eufemia scorreva l’acqua, ma non c’era neanche un rametto in giro».

La manutenzione però è ferma da due anni e l’alveo è diventato l’habitat per alberi e robinie. Per altro, dopo il blocco della convenzione, è a rischio la stessa sopravvivenza del Gruppo Val Carobbio, che tra le altre cose, supporta anche i Vigili del fuoco di Rezzato: se chiudesse, Brescia perderebbe un pezzo storico della Protezione civile. Del resto, per il Gruppo, fatto tutto di volontari, è difficile sostenere spese per 25mila euro solo con l’autofinanziamento: pesa, in particolare, il mantenimento del parco mezzi, che conta 9 tra macchine e moduli antincendio (uno è in comodato dalla Provincia e non si sa che fine farà). Prima erano 11, due li hanno dovuti vendere. «Per quest’anno resistiamo - sottolinea Bennati - per il prossimo non so».