Caso Yara, Bossetti in aula: "Non sto mentendo, lo hanno fatto quelli prima di me"

Cameraman, fotografie giornalisti, ma anche tanto pubblico ad ascoltare le parole del muratore di Mapello. Consulenti informatici: "No materiale pedopornografico". Respinta acquisizione mail Hacking Teamsetti

Yara Gambirasio e Massimo Bossetti

Yara Gambirasio e Massimo Bossetti

Bergamo, 4 marzo 2016 -  Massimo Bossetti, il muratore di Mapello, a processo davanti alla Corte d'Assise di Bergamo per la morte di Yara Gambirasio, scomparsa da Brembate, il 26 novembre del 2010, mentre faceva ritorno a casa dalla palestra e ritrovata morta in un campo di Chignolo d'Isola esattamente tre mesi dopo, il 26 febbraio 2011, si è inizialmente presentato tranquillo e imperturbabile in aula. Dopo un'ora di interrogatorio, la presidente della Corte d'Assise di Bergamo Antonella Bertoja ha deciso di aggiornare il processo alla prossima udienza, prevista per venerdì 11 marzo, che si aprirà con le domande della pm Letizia Ruggeri. Dopo di lei, toccherà alle parti civili e alle difese esaminare l'imputato. Bossetti, incalzato dalla rappresentante della pubblica accusa, oggi in qualche passaggio ha perso la calma e la freddezza che finora lo aveva caratterizzato in quasi tutti i passaggi del processo. Numerose le tensioni della giornata, tra la questione di Wikileaks, Hacking Team, la richiesta di analizzare nuovamente i reperti da parte della difesa e la proposta sempre della difesa di iniziare prima con l’interrogatorio. Oltre alla folla di curiosi che si sono visti fuori dal Tribunale di Bergamo dalla mattina presto per potere trovare un posto per partecipare all'udienza.

BOSSETTI: "MAI CONOSCIUTO YARA" - "Non ho mai visto né conosciuto Yara Gambirasio". Lo ha detto oggi pomeriggio in aula Massimo Bossetti, rispondendo alla prima domanda del pm Letizia Ruggeri. Il muratore, dopo aver raccontato la sua vita lavorativa, è entrato nel merito dell'interrogatorio affermando di non aver mai conosciuto nessun componente della famiglia Gambirasio, a parte il padre, ma solo di vista. Poi, la seconda domanda: "Dove si trovava il 26 novembre 2010?". Immediata la risposta di Bossetti: "Per l’ennesima volta glielo ripeto, sono qui apposta per dirglielo: non me lo ricordo. Io sono una persona abitudinaria, normale, banale. Sono una persona ripetitiva e faccio sempre le stesse cose. Non me lo ricordo e non ricordo neppure cosa ho mangiato ieri sera". A seguire il pm ha chiesto informazioni sul lavoro e il carpentiere ha iniziato a spiegare la sua attività. poi ha aggiunto: "In quel periodo di novembre lavoravo sia a Bonate sia a Palazzago". 

BOSSETTI - "NON STO MENTENDO COME INVECE ALTRI PRIMA DI ME" - "Non sto mentendo, come tanti altri che si sono seduti su questa sedia prima di me". ha aggiunto Bossetti, incalzato dalla pm Letizia Ruggeri, che gli ha chiesto come mai gli edicolanti di Brembate di Sopra, e in particolare i gestore del chiosco davanti alla palestra, dai quali il muratore di Mapello dice di aver acquistato praticamente ogni sera "figurine, Gormiti o braccialetti" per i figli prima di rientrare a casa, non si ricordassero di lui come un cliente abituale. Gli edicolanti "hanno mentito", ha detto Bossetti. "Lascio fuori i miei consulenti, perché almeno loro hanno detto la verità - ha aggiunto - ma tutti gli altri hanno mentito". Poi, un veloce botta e risposta  col pm Letizia Ruggeri che insisteva per sapere i movimenti e gli spostamenti del muratore nei giorni dell'omicidio di Yara. "Le mie giornate sono sempre state uguali, ripetitive, quindi tutte uguali", ha ripetuto più volte. E ancora: "Guardi dottoressa che tutte queste domande che lei mi sta facendo me le ha fatte anche mia moglie, mia moglie mi ha fatto un terzo grado quasi quanto lei". 

CORTE NEGA ACQUISIZIONE E-MAIL - Prima di iniziare l'interrogatorio di Bossetti, i giudici della corte d'assise di Bergamo hanno respinto la richiesta della difesa di acquisire delle e-mail trasmesse dall'amministratore delegato di Hacking Team formulata dalla difesa. I giudici hanno ritenuto i documenti "non pertinenti alla materia" in discussione.  I giudici si sono poi riuniti in camera di consiglio per stabilire l'ordine con cui porre le domande. La difesa, infatti ha chiesto di potere sentire per prima Bossetti, mentre normalmente, le prime domande spettano al pubblico ministero.

LEGALI DI BOSSETTI: "VIOLATO IL COMPUTER" - Colpo di scena, questa mattina, in aula: i legali Stefano Camporini e Claudio Salvagni hanno sollevato il caso della società Hacking Team e delle mail interne alla società che sono state messe online nei mesi scorsi da Wikileaks, organizzazione no profit che mette allo scoperto documenti riservati. Tra questi documenti ce ne sarebbero alcuni riguardanti il caso di Yara Gambirasio. Sarebbe stata infatti pubblicata una email del giugno del 2014 - per la precisione del 17 giugno 2014, tre giorni dopo l’arresto del muratore di Mapello, in cui Claudio Vincenzetti, Ceo della società, scriveva: "Naturalmente non posso dirvi molto. Naturalmente non conosco i dettagli. Ma, come è già successo numerose volte in passato per casi celeberrimi e molto più grandi di questo, il merito del successo di questa indagine va a una certa tecnologia investigativa informatica prodotta da un’azienda a noi molto nota". Vincenzetti si mostrava entusiasta del suo capitale, grazie alla quale era stato incastrato Bossetti. "Insomma - ha continuato - ci hanno appena chiamato i Ros di Roma. Per complimentarsi e ringraziarci. Davvero queste sono cose che riempiono il cuore di gioia e di soddisfazione professionale".

LEGALI DI BOSSETTI: "DNA ARIFICIALE" - Il dubbio dell’avvocato Claudio Salvagni è quindi che il computer di Massimo Bossetti, da cui spuntano ricerche sospette, possa essere stato violato. Ma non basta: l’avvocato Claudio Salvagni ha fatto riferimento a un’altra mail riconducibile all’Hacking Team, in cui si parla della costruzione di Dna artificiali in Israele. Un messaggio che, però, non era riferito direttamente al caso Yara e alla presunta soluzione del giallo con l’arresto del carpentiere di Mapello. "E' una cosa ssolutamente esilarante, mi fa molto ridere" ha commentato in aula il pubblico ministero Letizia Ruggeri. L’avvocato di parte civile (per la famiglia Gambirasio) Enrico Pelillo ha quindi chiesto a Salvagni quale sia la fonte di tali informazione. Mentre il collega Andrea Pezzotta ha sottolineato che i dati di cui si parla non sono agli atti del processo.

CONSULENTI INFORMATICI: "NO PEDOPORNOGRAFIA" - Ad inizio udienza hanno deposto i consulenti informatici: il sottotenente Giuseppe Specchio e il maresciallo Rudi D’Aguanno del Raggruppamento carabinieri investigazioni scientifiche di Roma (Racis). I due hanno parlato ancora di "copioso materiale pornografico", materiale inteso come tracce di navigazione su siti a luci rosse, ma non pedopornografico. L’avvocato della difesa Stefano Camporini ha allora approfondito come avvengono le ricerche in Google, con i consulenti che hanno spiegato come opera il motore di ricerca. In sostanza, in base a quanto viene digitato e allo stile della digitazione Google dà suggerimenti, "ma non suggerisce materiale pedopornografico se non viene effettivamente digitato dall’utente".

ha collaborato GABRIELE MORONI