Bossetti e quel furto degli attrezzi. La denuncia? Fatta solo quattro mesi fa

Poco tempo dopo il carpentiere indagato dell'omicidio di Yara Gambirasio, è stato arrestato: «Li hanno usati per assassinarla» di Gabriele Moroni

Yara Gambirasio e Massimo Bossetti

Yara Gambirasio e Massimo Bossetti

Bergamo, 17 luglio 2014 - Era il 17 marzo 2014 quando Massimo Giuseppe Bossetti denunciò ai carabinieri il furto dei suoi attrezzi di lavoro. A oltre tre anni dal ritrovamento del corpo di Yara in un campo Chignolo d’Isola. L’uomo in carcere accusato dell’omicidio della piccola ginnasta di Brembate Sopra si presentò nella stazione dei carabinieri di Seriate e denunciò la sparizione di un cutter, un martello, un trapano, un misuratore di distanze laser, sottratti dal furgone bianco avuto in prestito dal fratello Fabio (del tutto estraneo alla vicenda).

Nella sua ricostruzione «Settimanale Giallo» aggiunge un particolare. Bossetti riferì ai carabinieri di avere fatto in tempo a vedere uno sconosciuto, il volto interamente nascosto da un casco, che si allontanava in motorino. Il muratore di Mapello fece quindi la sua denuncia solo tre mesi prima di essere fermato e non nel 2012, come si pensava finora. Interrogato in carcere, Bossetti ha avanzato la spiegazione che uno degli attrezzi (sporco del suo sangue perché soffre di epistassi) fosse finito nelle mani del vero assassino.

La data del 17 marzo può essere significativa. Giuseppe Benedetto Guerinoni, l’autista di Gorno scomparso nel 1999, era stato da tempo individuato dalla genetica come il padre biologico di «Ignoto 1», l’uomo che impresse il suo Dna sugli indumenti di Yara. Meno di un mese dopo la conferma definitiva era venuta dall’esame di un femore.

Una persona residente in provincia di Vicenza confermerebbe l’ipotesi della morte di Yara legata a una vendetta contro il padre Fulvio, maturata nell’ambiente di lavoro. La stessa tesi sostenuta da Bossetti, che ha parlato di voci insistenti che giravano in cantiere. La versione di Bossetti è arrivata al personaggio sconosciuto, che si è rivolto all’associazione «Vite sospese». La notizia esce dall’avvocato vicentino Agron Xhanaj, legale dell’associazione e della famiglia di Francesca Benetti, la donna scomparsa mesi fa nel Grossetano. Le informazioni raccolte dall’avvocato sono state trasmesse al pm di Bergamo Letizia Ruggeri. «La riservatezza—dice il legale — non mi consente di rivelare altro, neppure se si tratta di un uomo o di una donna. Posso solo dire che nei giorni successivi alla scomparsa di Yara questa persona era nella zona, non per motivi  di lavoro, e che è venuta a conoscenza di circostanze avvvalorate anche da altre persone». Xhanaj non conferma che abbia incontrato i genitori di Yara. «Il suo racconto mi è stato confermato da altre due persone».