GIULIO MOLA
Sport

Se il pallone si sgonfia. "Tante pressioni in campo. Non mi divertivo più e ho smesso di giocare»

"Ho provato disgusto quando ho visto ragazzi “accompagnati“ dagli sponsor"

"Tante pressioni in campo. Non mi divertivo più e ho smesso di giocare"

"Tante pressioni in campo. Non mi divertivo più e ho smesso di giocare"

Esiste ancora il diritto di sognare per chi sin da piccolo insegue un pallone che rotola? I numeri dicono che su migliaia di bambini e ragazzi fra i 5 e i 17 anni iscritti alle scuole calcio solo il 3% raggiunge l’obiettivo e approda nei club professionistici. Tanti, tantissimi si perdono per strada. "Anche io ho smesso di giocare, in quel mondo lì non mi divertivo più". Tommy è di Milano, ha poco più di 16 anni e da due mesi ha deciso di abbandonare il sogno dell’infanzia. Basta con i tornei Figc, al massimo qualche partitella fra amici. Eppure ha piedi buoni, fisico tosto e testa sulle spalle. Insomma, non è il cosiddetto “calciatore ignorante“ che tanto piace ad alcuni direttori sportivi a livello giovanile. Ma un bravo ragazzo.

Tommy, perché a soli 16 anni sei già un ex calciatore?

"I motivi sono diversi. Per me il pallone voleva dir tanto, lo associavo alle parole amicizia e divertimento. Sin da quando ho varcato i cancelli della prima scuola calcio, ero eccitato all’idea di poter ripercorrere la strada dei miei idoli. Poi quando cresci capisci tante cose, e ne esci con le ossa rotte".

Mi hai detto che non ti divertivi più. Cosa significa?

"Quando si è bambini sei sempre felice, ridi se vinci e piangi se perdi ma poi dimentichi e ricominci. Da ragazzi ci si diverte molto meno. Intanto avverti le pressioni dall’esterno, a cominciare da quelle dei genitori, anche se per fortuna non è il mio caso. Parlo in generale dei papà e delle mamme che credono di avere in casa il nuovo Lautaro Martinez. E poi gli allenatori, molti dei quali scaricano sui più fragili le proprie frustrazioni perché non ce l’hanno fatta ad essere i migliori. A settembre vedevo un’amichevole di un mio amico, e sentivo il mister urlare solo per un passaggio sbagliato: “Cosa c...o combini. Guarda che rivedi il campo a gennaio...“ Questo vuol dire totale assenza di libertà di azione in campo, e tutto ciò limita la crescita tecnica e mentale. Nessuno capisce che un ragazzo di 14 anni vede il calcio solo come divertimento...".

D’accordo, ma è normale che tutto si complichi quando l’asticella che si alza...

"Sì, però bisogna ricordarsi che sin da bambino, chi gioca a calcio fa sacrifici e rinunce. A letto presto, sveglia come se si andasse a scuola, tutte le festività in campo. Poi diventi più grande e devi rinunciare anche alla pizza il sabato con gli amici o con la fidanzata. Mica poco".

Però c’è sempre lo spogliatoio, vera forza di una squadra.

"Vero. Però anche un bellissimo rapporto con i compagni può non bastare. Arriva un punto in cui quasi sei costretto ad allontanarti da quel mondo che hai immaginato in maniera diversa. Perché vedi situazioni insopportabili..."

A cosa si riferisce?

"Al disgusto provato quando ho visto che nello spogliatoio entravano ragazzi accompagnati dagli sponsor. Pochi per fortuna, ma c’erano. Una grande delusione. Dovevo solo sperare che ci fossero allenatori che puntassero sulla meritocrazia, poi però il venerdì sera vedevi che la formazione titolare la faceva il ds per privilegiare tizio o caio. Perché avendo portato lo sponsor doveva giocare, anche se era scarso. Quello che più mi ha fatto male è stata la totale assenza di empatia di alcune persone che dovevano essere allenatori e dirigenti, ma soprattutto educatori. Spesso i ragazzi diventavano figurine da collezione, non si poteva monetizzare con tutti. Un educatore dovrebbe fare altro. Avete visto cosa è successo qualche giorno fa a Verona, dove mister Iunco ha messo fuori un suo calciatore perchè prendeva in giro la squadra avversaria, perdendo successivamente la partita? Una stupenda lezione di vita. Altri avrebbero avuto comportamenti antisportivi. sapesse quanti ne ho visti".

Sicuro di non volerci ripensare?

"No, sono deluso non dallo sport ma da questo mondo... però la mia decisione l’ho presa e mi dedicherò allo studio. Restano i ricordi, il primo gol e le bellissime amicizie. Ma se non mi diverto più, vuol dire che non sono libero di sognare".

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