Gigi Meroni 80 anni, chi era: il volo spezzato della Farfalla granata

Il calciatore beat nacque il 24 febbraio 1943 a Como: divenne un idolo per i titosi del Torino, fino alla tragica scomparsa, investito da un super tifoso

Gigi Meroni con la maglia del Torino

Gigi Meroni con la maglia del Torino

La "farfalla granata" compirebbe 80 anni, se il suo volo non si fosse interrotto tragicamente una sera dell'ottobre del 1967, 56 anni fa. Luigi Meroni - detto Gigi - il calciatore beat, ala destra talentuosa e anticonformista, nasceva a Como il 24 febbraio del 1943. Aveva tutte le carte in regola per diventare uno dei giocatori italiani più forti di tutti i tempi, la sua vita dentro e fuori dal mondo del pallone così come la tragica e prematura scomparsa l'hanno reso immortale nel ricordo di tutti gli appassionati, in particolare i tifosi del Torino, che lo avevano eletto a idolo.

L'arrivo al Torino

Meroni crebbe insieme al fratello Celestino nel vivaio dei lariani, prima di passare al Genoa nel 1962 per 40 milioni. Una cifra importante, perché il talento dell'ala c'è ed esplode al secondo anno con i rossoblù, grazie all'allenatore argentino Beniamino Santos. Orfeo Pianelli, il presidente del Toro che dovrà aspettare ancora più di 10 anni per festeggiare il ritorno al successo in campionato, nell'estate del '64 si innamora di lui. Offre 275 milioni e lo spagnolo Peirò. Il presidente rossoblù Giacomo Berrino nicchia, temendo le ire dei tifosi del Grifone. Poi cede. La Genova rossoblù ribolle di rabbia. I supporter si trovano in piazza De Ferrari per manifestare la loro opposizione alla cessione. Santos interrompe le vacanze in Spagna per tornare sotto la Lanterna e dimettersi. Non lo farà, perché durante il viaggio ha un incidente d'auto e muore. Coincidenza inquietante, data la fine di Meroni.

La carriera in granata

Con la maglia del Torino Meroni gioca 103 partite segnando 22 gol, a cui va aggiunta una valanga di assist. La rete più bella, con ogni probabilità, viene messa a segno nel 1967 alla Scala del calcio, San Siro, contro l'Inter, quando saltò gli avversari come birilli, prima di chiudere con  un pallonetto dal limite dell'area che finì all'incrocio. S'interrompeva così l'imbattibilità casalinga dei nerazzurri di Herrera che durava da tre anni. Più difficile il rapporto con la Nazionale dove, fino alla morte, assomma numeri modesti, 6 partite e 2 reti in amichevole, con la partecipazione come riserva ai disastrosi mondiali del 1966, dove giocò solo la partita persa 1-0 a Sunderland contro l'Unione Sovietica.

Meroni fuori dal campo

Meroni lascia il segno anche fuori dal campo. E' un simbolo degli anni '60 italiani, fra boom economico e prime inquietudini giovanili. Nello stivale arrivano, seppur attutiti, gli echi della Swingin London e della rivoluzione che cambia per sempre moda e costume. Anche per questo Meroni è spesso accostato a George Best, tormentato quanto geniale campione del Manchester United. Stesso ruolo, stessa propensione all'assist, stessa acconciatura (capelli lunghi e barba), stessa insofferenza alle regole imposte dalla società. Se il Pallone d'oro del 1968, però, rivolgeva le sue attenzioni soprattutto alla moda (e all'alcol), Meroni mette in mostra il suo estro dipingendo e portando a spasso una gallina al guinzaglio.

Seppur diversa da quella di qualche anno prima, l'Italia resta un Paese tradizionalista e diffidente della modernità: fa sollevare più di un sopracciglio la relazione fra Meroni e Cristiana Uderstadt, una giostraia svedese in attesa dell'annullamento del matrimonio da parte della Sacra Rota. Era un'Italia dove divorziare non era possibile in sede civile, nemmeno per gli stranieri. I due condividono una modesta soffitta in piazza Vittorio Veneto, dove ascoltano musica proveniente da America e Gran Bretagna e si dedicano alle rispettive passioni.

La tragica morte

Il 15 ottobre 1967 Meroni e il compagno di squadra Fabrizio Poletti si trovano in corso Re Umberto. Il Toro ha da poco battuto la Sampdoria 4-2. Stanno attraversando, quando vedono sopraggiungere un'auto. Fanno un passo indietro e vengono investiti da una Fiat 124 Sport Coupè. Poletti rimedia qualche escoriazione, Meroni viene sbalzato di qualche metro e, successivamente, colpito da una Lancia Appia. L'urto lo fa volare per  50 metri. Morirà in ospedale qualche ora dopo. 

Alla guida della Fiat c'è Attilio Romero, giovane di buona famiglia torinese e tifosissimo granata. Meroni, manco a dirlo, è il suo idolo. Si dispera. Viene interrogato, dopo che si presenta spontaneamente alla polizia, e rilasciato. Più di trent'anni dopo diventerà presidente del Torino.

L'omaggio della squadra

Al funerale partecipano oltre 20mila persone. La domenica dopo il Torino incontra la Juventus - che, si dice, per volere dell'avvocato Agnelli, sembrava disposta a sborsare 750 milioni per portare Meroni in bianconero - nel derby. L'atmosfera è plumbea e, allo stesso tempo, carica d'attesa. Non c'è partita. I granata vincono 4-0. L'argentino Nestor Combin, sceso in campo con la febbre, segna una tripletta. Il quarto gol è di  Alberto Carelli, che indossa la numero 7 della "farfalla". Quel 4-0 resta il successo più ampio del Torino post-tragedia di Superga in un derby. Meroni ne aveva giocati sette, senza vincerne alcuno.