Da Marx a Zuckerberg: Europa campo di battaglia

“Le tre profezie - Appunti per il futuro”, scrive Giulio Tremonti per l’editore Solferino

Milano, 12 maggio 2019 - “Le tre profezie  - Appunti per il futuro”, scrive Giulio Tremonti per l’editore Solferino. Parla di Europa in crisi, limiti della globalizzazione, conflitti politici e sociali. Si sofferma su Marx e il suo “Manifesto” sicuro che «all’antico isolamento nazionale subentrerà una interdipendenza universale», su Goethe e la previsione sui «biglietti alati che voleranno tanto in alto» e su Leopardi critico: «Quando tutto il mondo fu cittadino Romano, Roma non ebbe più cittadini; e quando cittadino Romano fu lo stesso che Cosmpolita, non si amò né Roma né il Mondo». Va avanti citando Nietzsche e Shakespeare, la crisi di Weimar e il Manifesto di Ventotene, i progetti di Gates e Zuckerberg (che gli piacciono poco). E sottopone a critica l’ideologia mercatista, le burocrazie Ue, il fanatismo del futuro digitale, le radici da cui nascono populismi e sovranismi. Una lettura stimolante, per discutere di come costruire un futuro migliore. Sono temi che ricorrono, in modo diverso, anche in “Stare in Europa - Sogno, incubo e realtà” di Riccardo Perissich, Bollati Boringhieri. In vista del voto di maggio, vale la pena riflettere criticamente su un “modello comunitario” nato 70 anni fa e oramai inadeguato, ma anche evitare retoriche negative anti Ue e prendere atto che di fronte a sfide globali (i poteri economici sovranazionali, gli sviluppi della cyber economy, il terrorismo islamico, le ondate migratorie) il nazionalismo asfittico delle “piccole patrie” non consente risposte utili. Serve invece «una maggiore integrazione politica». Perché «la battaglia per preservare la Ue, e con essa la democrazia liberale in Europa, merita di essere combattuta ed è forse la più grande sfida di questo secolo».

L’Europa, con le sue regole, è stata a lungo considerata come un necessario “vincolo esterno” per costringere gli italiani “indisciplinati” a essere attenti a buon governo, riforme e conti pubblici in ordine. Ma una certa idea “sacrale” dei parametri di Maastricht e un’inclinazione ideologica dell’«ordoliberismo» dei Paesi del Nord hanno scatenato reazioni che hanno fatto male all’Italia e alla stessa Ue, alimentando sovranismi e populismi. Lo spiega bene Federico Fubini in “Per amor proprio”, Longanesi: “Perché l’Italia deve smettere di odiare l’Europa e di vergognarsi di se stessa”. Le “regole comuni” hanno provocato “effetti diversi” nei vari Paesi. Le burocrazie hanno colmato i vuoti lasciati da una politica che ha perso slancio. Agli italiani, affascinati dal neo-nazionalismo, Fubini ricorda i meriti delle nostre imprese, il risparmio virtuoso di milioni di cittadini, il buon funzionamento di alcuni servizi pubblici e privati. E insiste su un’Europa migliore. La scelta da fare è fra l’integrazione europea «e qualche impero più lontano e meno democratico al quale finiremmo per doverci sottomettere in cambio di un po’ di aiuto, senza avere voce in capitolo sul nostro destino».