Raffaella Di Micco "Malattie rare, la terapia genica darà una svolta"

La ricercatrice del Tiget indaga i meccanismi che provocano l’invecchiamento precoce per intervenire sulla funzionalità delle cellule

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di Alessandro Malpelo

Avete presente la progeria? Un volto, una storia, quella di Isabella Ceola, ragazza brillante e simpatica affetta dalla malattia di Hutchinson-Gilford (sindrome da invecchiamento precoce). Più volte era stata ospite nel salotto televisivo del Maurizio Costanzo Show perché, diceva lei, era "stufa di essere trattata come un marziano e voleva riprendersi il posto che le spettava nella società". Isabella è mancata all’età di 28 anni, il suo fisico ne dimostrava ottanta, la pelle rugosa, la voce roca, un angelo imprigionato nel corpo di un matusalemme.

Raffaella Di Micco, professione ricercatrice, ha realizzato un sogno: aprire un laboratorio in Italia per comprendere cosa succede nel Dna quando la cellula perde i caratteri giovanili, in modo da trattare in futuro anche una rara malattia tuttora incomprensibile come la progeria, e più in generale rallentare i processi di senescenza.

All’Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica (SR-Tiget) di Milano c’è un team concentrato sui meccanismi di invecchiamento delle cellule staminali del sangue. Capire come si innesca il logoramento dei tessuti consentirebbe di trattare forse anche la progeria e, in un prossimo futuro, con la comprensione delle malattie rare, estendere il raggio d’azione ai fenomeni di invecchiamento che colpiscono tutti, il 100% della popolazione, per provare a ritardare l’azione del tempo sull’organismo umano. "Solo conoscendo intimamente certi meccanismi insiti nel Dna - spiega la ricercatrice – è possibile ridurre al minimo l’attivazione dei processi di invecchiamento quando si manipolano le cellule staminali per correggere il difetto genetico".

Dottoressa Di Micco, sono concetti difficili da comprendere ma intriganti. Come possiamo tradurli in una terminologia terra terra?

"Diciamo che stiamo studiando il comportamento delle cellule staminali del sangue quando queste reagiscono alle tecniche di manipolazione utilizzate in terapia genica. Ci concentriamo in particolare sui fenomeni dell’invecchiamento precoce, che vanno a pregiudicare la funzionalità delle cellule ingegnerizzate che andiamo a somministrare nelle terapie".

Che cosa c’entra la terapia genica con l’invecchiamento?

"Cerchiamo di migliorare l’efficacia e la sicurezza della terapia genica, al fine di renderla disponibile per una gamma sempre più ampia di patologie. Le scoperte in questo campo potranno gettare nuova luce sui processi di invecchiamento delle staminali del sangue".

Dunque le staminali smettono di rinnovarsi e invecchiano a loro volta?

"Le cellule che compongono la maggior parte dei nostri tessuti invecchiano, muoiono e vengono sostituite più volte nel corso della nostra vita. Nel caso del sangue, il ciclo di vita di una cellula è in media di 4 mesi. Le nuove cellule che prendono il posto di quelle vecchie derivano dalle staminali, che però possono attivare un programma di senescenza cellulare, per cui i nostri tessuti (anche il sangue è un tessuto, che per giunta comprende il sistema immunitario, ndr) perdono progressivamente la loro capacità rigenerativa. Cresce così di pari passo la probabilità di andare incontro a mutazioni secondarie, che potrebbero predisporre allo sviluppo di tumori".

Lei indaga i fenomeni che accelerano l’orologio biologico, e punta a rallentare il moto delle lancette che segnano inesorabili lo scorrere del tempo. Come si riesce a riprodurre in laboratorio questo processo?

"Noi studiamo essenzialmente tessuti umani che provengono da biopsie e andiamo a vedere cosa succede nelle cellule sottoposte ai protocolli di terapia genica. Queste cellule vengono sottoposte a uno stress dopo l’altro, sono coltivate in vitro, trattate con alte dosi di vettori virali e, nel caso dell’editing genomico, modificate nella loro parte più delicata con forbici molecolari, il taglia e cuci del DNA. Noi ci chiediamo cosa succede alle staminali del sangue quando queste vengono ingegnerizzate, come avviene durante un trattamento di terapia genica. L’ipotesi è che questo processo, oltre a correggere il danno genetico, metta inavvertitamente in moto altri meccanismi cellulari".

Che cosa avete scoperto in virtù di questo singolare approccio?

"Secondo i primi risultati, la manipolazione del DNA della cellula, anche senza causare danni, può svegliare la cellula stessa, innescare reazioni che ne bloccano la crescita, e dare problemi con l’avanzare dell’età. Se vogliamo ridurre i possibili effetti collaterali a lungo termine della terapia genica e ampliare la gamma di patologie trattabili è fondamentale studiare i programmi di invecchiamento cellulare e sviluppare strategie per prevenirne l’attivazione, ed è quello che faremo grazie anche al grant che abbiamo ottenuto da ERC, il Consiglio Europeo della Ricerca".