Monza in serie A: Silvio Berlusconi anima della festa e Adriano Galliani in chiesa

Il pagellone semiserio al termine di una stagione vincente, da Stroppa geniale ai giocatori redivivi ai tifosi sempre presenti

Il funambolico attacante portoghese Dany Mota Carvalho (foto Buzzi)

Il funambolico attacante portoghese Dany Mota Carvalho (foto Buzzi)

Monza -  Non c’è appuntamento importante della vita che si rispetti senza una valutazione finale. Abbiamo provato allora a immaginare delle pagelle, in maniera ironica e affettuosa dopo il traguardo del Monza in serie A.

Berlusconi 10: che potesse appassionarsi davvero a una squadra minuscola rispetto alle platee cui era abituato pareva impossibile quando è arrivato in città. E invece. Invece scuce quattrini (oltre 9 milioni di euro solo per sistemare lo stadio perché fosse pronto per la serie A), viene a quasi tutte le partite in casa, qualcuna anche in trasferta, sa settimana scorsa, prima della finale playoff, va due volte a Monzello per "motivare i ragazzi". Durante la finale viene sorpreso con gli occhi chiusi di chi sonnecchia, ma in fondo ha 85 anni. E sceso negli spogliatoi è l’anima della festa con i giocatori. "Ora vinciamo lo scudetto e andiamo in Champions" promette. “God save the king”.

Adriano Galliani 11: ha convinto il Silvio a ballare l’ultimo valzer con la sua vera squadra del cuore. Ne valeva la pena. Sempre presente, quando per il Covid se l’è vista davvero brutta un anno fa e si è dovuto assentare per un po’, il Monza di Brocchi (oddio) ci ha di fatto rimesso la stagione. Quest’anno no: vero, ogni tanto spariva dalla tribuna ma, parole del Giuanin Stroppa, "faceva il giro dei Santuari". Ah, ecco.

Giovanni Stroppa 9: con quell’aria un po’ così, in lotta perenne con un aspetto un po’ stazzonato, vietatissimo in orbita Fininvest, costruisce una squadra che gioca a calcio o almeno ci prova sempre. Si va preferibilmente in verticale, fa fare gol ai suoi attaccanti, inventa soluzioni tattiche, cambia i ruoli quando serve, azzecca i cambi con regolarità quasi disarmante. Vince un mucchio di partite in rimonta e questo non è fortuna: è avere carattere. E quando il suo Monza gioca male o perde peggio (è successo, è successo) non cerca alibi o giustificazioni: lo ammette e riparte. Questa è classe. Chapeau.

Michele Di Gregorio 8: se non hai il portiere, vai poco lontano. E lui si porta in saccoccia una decina di punti tutti suoi. Fa un solo svarione “sanguinoso”, col Frosinone, ma la colpa a nostro avviso era stata soprattutto di uno sciagurato retropassaggio. Poi, c’è sempre.

Carlos Augusto 7.5: forte, veloce, tecnico. Intelligente. Costretto a inventarsi per mesi nel ruolo di difensore centrale, fatica ma porta la croce. Restituito fortunatamente alla sua fascia sul finale, torna arrembante.

José Machin 7,5 : dalla Guinea Equatoriale, ci si chiedeva cosa lo avessimo preso a fare. Uno dei capolavori di Stroppa, che inizia a rivoltarlo come un calzino sin dalla prima amichevole agostana contro la Giana Gorgonzola. Geniale nei tocchi, grintoso in copertura, tiro micidiale. Decisivo

Christian Gytkjaer 8,5 : "è un paracarro, non vede la porta". Il danese invece si dimostra uno dei più seri del gruppo (secondo noi quando fu trascinato al casinò di Lugano da Boateng e soci non se ne era neanche reso conto), si impegna sempre al massimo, dà respiro a tutto l’attacco. E fa anche gol: 3 solo nelle finali col Pisa, e scusate se è poco. Vederlo col casco da vichingo sul pullman che attraversa la città per la festa finale è pura goduria.

Dany Mota Carvalho 8: a volte vorresti affettuosamente prenderlo a schiaffi, con quella espressione sempre irridente un po’ alla Tom Cruise-Maverick e un po’ alla Fernandel-Don Camillo. Poi però le giocate più belle son quasi sempre le sue. E forse (forse) il portoghese sta imparando a fare meno il “veneziano” e a giocare coi compagni.

Luca Marrone 7: doveva essere il difensore migliore, acquistato in extremis su espresso desiderio di Stroppa, e invece a larghi tratti aveva deluso, finendo ai margini del progetto. Poi, si riprende quando più è necessario e segna pure il gol decisivo nella finalissima. Ma la cosa più stupefacente è che rientrato alle 6 del mattino in aereo con la squadra in festa, alle 8 è stato visto puntualmente all’asilo ad accompagnare la figlioletta, vestita con la divisa del Monza, e a firmare autografi. Stima assoluta.

Gli ultras 8: brutti, sporchi e cattivi. Però ci sono sempre. Anche se oggi non devono più comprare i panini ai giocatori e le trasferte arrivano a Lecce invece che a Scanzorosciate.

I tifosi dei club 8: quelli che le hanno viste tutte, coi capelli bianchi, che speravano in un giorno così... prima che fosse troppo tardi. Ed erano pure andati a Perugia tornando per l’ennesima volta con le pive nel sacco. Questa A è soprattutto per loro.