Il Mossad dietro l'attacco alla centrale nucleare in Iran

Secondo la Cia, l'assalto informatico è partito da Tel Aviv. Ritardati di nove mesi i progressi sull'atomica. Teheran promette vendetta

La scena dell'attacco in cui è rimasto ucciso Mohsen Fakhrizadeh

La scena dell'attacco in cui è rimasto ucciso Mohsen Fakhrizadeh

Ci sarebbe il Mossad, il servizio segreto israeliano, dietro l’incidente alla centrale nucleare iraniana di ieri mattina. Ad affermare che Israele avrebbeavuto un ruolo nel sabotaggio a Natanz, in Iran, sono due fonti dell’intelligence americana citate dal New York Times, mentre sui media israeliani si afferma che l’esplosione ha causato “gravi danni al cuore del programma di arricchimento dell’Iran”. Il New York Times stima che il programma di arricchimento dell’uranio di Teheran è stato rallentato di almeno nove mesi. L’emittente israeliana Kan ha citato un funzionario a condizione di anonimato secondo Natanz ha subito un danno “esteso” e che sono state danneggiare varie centrifughe installate nel centro sotterraneo.

A Teheran intanto si parla in modo esplicito di “attentato terroristico”, come dice Ali Akbar Salehi, direttore dell’Organizzazione iraniana per il nucleare (Aeoi), e nessuno nasconde il sospetto che dietro ci sia la mano di Israele. A causare il blackout nello stabilimento sarebbe stato un attacco informatico orchestrato da tel Aviv. Il premier israeliano Netanyahu aveva in effetti promesso di fare tutto ciò che fosse in suo potere per fermare l’accordo sul nucleare iraniano, da cui Trump era uscito e che ora Biden vorrebbe ripristinare.

I complesso di arricchimento dell’uranio di Natanz era il fulcro del programma nucleare iraniano e proprio lì ieri sono state inaugurate nuove centrifughe vietate dall’accordo del 2015. Il «sabotaggio» ha riguardato la rete elettrica dell’impianto di Chahid-Ahmadi-Rochan e non ha causato né vittime né fughe di materiale radioattivo. Salehi, capo dell’agenzia atomica iraniana, ha invocato una presa di posizione della «comunità internazionale e dell’Aiea (Agenzia internazionale per l’energia atomica)».  Secondo fonti di intelligence si è trattato di «una cyber-operazione israeliana in cui è stato coinvolto il Mossad». Sempre secondo le fonti, il danno provocato all’impianto è superiore a quanto riferito da Teheran.

 Dopo l’esplosione del luglio 2020 sempre a Natanz e l’uccisione nel novembre scorso dello scienziato Mohsen Fakhrizadeh, di cui l’Iran ha attribuito la responsabilità a Israele, i fatti di oggi rialzano la tensione in un teatro mediorientale dove la nuova amministrazione Usa tenta di riaffermare un ruolo di moderazione senza abdicare, anzi tutt’altro, alla storica alleanza con Israele. L’incidente di oggi, giunto per di più al termine di una settimana di colloqui a Vienna per salvare l’accordo sul nucleare del 2015, suona come un avvertimento dopo il lancio, ieri, di nuove centrifughe per arricchire più rapidamente l’uranio. 

È stato il presidente Hassan Rohani ad inaugurare a Natanz una linea di 164 centrifughe IR-6 e un’altra delle delle 30 IR-5 con una cerimonia in videoconferenza trasmessa dalla televisione di Stato. Nella stessa giornata in cui da Washington è arrivata la precisazione che l’amministrazione Biden non rimuoverà tutte le sanzioni economiche imposte da Donald Trump ma, eventualmente, solo quelle che non sono in linea con l’intesa del 2015. «Un pugno di ferro dentro un guanto di velluto», è stata la risposta a stretto giro del capo di stato maggiore delle forze armate iraniane, il general maggiore Mohammad Hossein Bagheri, che ha precisato che «la linea politica strategica dell’Iran è solo una piena rimozione delle sanzioni».

Immediata la reazone bellicosa degli ayatollah: "Con questa azione il regime sionista ha certamente tentato di vendicarsi del popolo iraniano per la pazienza e la saggezza di cui ha dato prova (in attesa) che vengano revocate le sanzioni" americane, ha detto il portavoce del ministero iraniano degli Esteri, Said Khatibzadeh, a Teheran.