Il Papa in ginocchio per la Birmania: "Basta sangue, torni il dialogo"

Intanto, dopo 300 morti, i militari golpisti sequestrano i fondi delle Ong (tra cui quella di Soros e la Caritas). Il volto di Aung esposto in Campidoglio

Un'immagine delle sommosse a Mandalay

Un'immagine delle sommosse a Mandalay

Naypyidaw (Birmania) - “Anche io mi inginocchio sulle strade di Myanmar“. Papa Francesco si schiera a fianco del popolo birmano, vittima in questi giorni di una sanguinosa repressione dei militari, dopo le rivolte conseguite all’arresto della presidente eletta Aung San Suu Kyi, ed evoca l‘immagine della suora che nei giorni scorsi ha bloccato la carica dei militari pronti a intervenire sulla folla che chiedeva democrazia per il paese asiatico, e chiede che “prevalga il dialogo“. In Myanmar, ha sottolineato al termine dell‘udienza del mercoledi‘, “molte persone, soprattutto giovani, stanno perdendo la vita per dare speranza al loro paese“. “Anche io“, ha ripreso il Pontefice parlando a braccio dopo i saluti in tutte le lingue ai fedeli che seguivano l‘udienza in streaming per causa del coronavirus, “stendo le braccia e dico cessi la violenza, prevalga il dialogo. l sangue non risolve niente“.

La repressione (bancaria) delle Ong

Intanto, mentre il bilancio delle vittime civili supera ormai quota 300, il regime militare del Myanmar ha messo in atto una stretta ufficiale verso Ong internazionali e locali tramite strumenti e canali finanziari: la Banca centrale del Myanmar ha ordinato alle banche private in tutto il paese di presentare tutti i conti bancari delle Ong entro oggi. Come appreso da Fides, il regime militare intende fermare e intimidire le organizzazioni della societa‘ civile sospettate di fornire sostegno finanziario al Movimento di disobbedienza civile o di aver fornito supporto politico ed economico a partiti come la “Lega nazionale per la Democrazia“ o a organizzazioni sociali e politiche che non sostengono la giunta. Il regime ha gia‘ assunto il controllo dei conti bancari della “Open Society Foundation“ (Osf), appartenente a George Soros, annunciando che intraprendera‘ un‘azione legale contro la fondazione, accusata di aver violato i regolamenti per le Ong.  Tra gli enti controllati e sottoposti a inchiesta ufficiale, vi sono anche l‘Ong Oxfam e “Karuna Mission Social Solidarity“, la Caritas birmana. L‘Agenzia Fides ha appreso che gli uffici di “Karuna“ nelle diocesi di Hakha e Loikaw sono gia‘ stati gia‘ visitati da ufficiali dell‘esercito che hanno disposto controlli anche in tutte le altre sezioni e sedi diocesane della Caritas birmana. Gli ufficiali militari hanno chiesto ai funzionari Caritas che tipo di supporto hanno offerto nel corso delle elezioni nazionali del novembre 2020. “Karuna“ ha ribadito che la sua attivita‘ e‘ di carattere caritativo, umanitario e sociale e che non sostiene alcun partito politico.

Strade di sangue

“Stiamo assistendo a una vera escalation della violenza dei militari. Solo ieri a Yangon e nei dintorni abbiamo contato 189 morti, come riferisce la rete di informazione capillare Myanmar Now, cui fanno capo molti attivisti“, dice intanto all‘Agenzia Fides una fonte della comunita‘ cattolica di Yangon, che tiene l‘anonimato per motivi di sicurezza, “Ma, secondo noi, i morti potrebbero essere anche di piu‘. La repressione si fa piu‘ dura e la popolazione soffre terribilmente, ma non si arrende“ La protesta pacifica dei giovani, avviata dopo il golpe del 1 febbraio, non accenna a diminuire. Di fronte a questa violenza i leader e gli operatori religiosi delle diverse comunita‘ di fede si sono schierati a fianco della popolazione con la preghiera, l‘aiuto morale e materiale, il contributo nel confortare e gli afflitti e curare i feriti.  In questo scenario, in un messaggio pervenuto all‘Agenzia Fides, la Commissione dei monaci buddisti di Mandalay, parte di una organizzazione spontanea che si definisce “Rete di protesta dei monaci buddisti“, mette in guardia i militari che stanno occupando templi, monasteri e luoghi di preghiera buddisti, chiedendo la fine immediata della violenza dell‘esercito e dell‘occupazione dei loro edifici. Se l‘esercito proseguira‘ in questa violenza, i monaci si dicono pronti a sfilare per le strade, organizzando marce silenziose di protesta in tutto il paese.

La suora ringrazia Bergoglio

 "Siamo profondamente grati al Papa perché si ricorda di noi". Lo dice suor Ann Nu Tawng, divenuta un'icona per l'immagine che la ritrae inginocchiata per strada dinanzi ai poliziotti durante le manifestazioni di protesta in corso in Myanmar per il colpo di Stato del primo febbraio.  Oggi all'udienza Jorge Mario Bergoglio ha evocato quell'immagine: "Anche io mi inginocchio sulle strade del  Myanmar e dico: cessi la violenza! Anche io stendo le mie braccia e dico: prevalga il dialogo!".  Il Papa "conosce il  Myanmar, è stato tra noi nel 2017", afferma a Fides, agenzia della congregazione vaticana per l'Evangelizzazione dei popoli, la religiosa della congregazione di san Francesco Saverio. "Siamo confortati e incoraggiati dal fatto che il Papa sostiene con noi la fine di ogni violenza e l'avvio del dialogo. Sono sorpresa dal fatto che, come mi dicono, le sue parole possano essere state ispirate dal mio gesto di inginocchiarmi e stendere le mani al cielo. L'ho fatto con il cuore. Sono i gesti di ogni cristiano che ha a cuore l'umanità".

San Suu Kyi in Campidoglio 

Intanto da ieri un’immagine con il volto di Aung San Suu Kyi, leader della Lega nazionale per la democrazia in Myanmar, Premio Nobel per la Pace nel 1991 e cittadina onoraria di Roma, oggi agli arresti domiciliari, sarà esposta in Piazza del Campidoglio, sulla facciata laterale di Palazzo Nuovo, sede dei Musei Capitolini, a partire dalle ore 18 di oggi. Ô l’iniziativa promossa da Roma Capitale a sostegno delle richieste per la liberazione di Aung San Suu Kyi, attivista per i diritti umani e oppositrice del regime militare nel suo Paese. «Un gesto e un messaggio di vicinanza indirizzato al popolo birmano», sottolinea il Campidoglio. In tale occasione la Sindaca di Roma Virginia Raggi riceverà una delegazione della Comunità Birmana in Italia composta da Yimon Win Pe e Cecilia Brighi, segretario generale di «Italia- Birmania Insieme». «Siamo vicini a una donna che ha fatto dei diritti umani e della non-violenza valori imprescindibili della sua esistenza. Una donna che con la sua forza combatte per consegnare pace e democrazia al suo Paese. Ci uniamo agli appelli internazionali per la liberazione di Aung San Suu Kyi, una cittadina di Roma, una nostra amica», afferma Raggi.