
Il 29% delle donne lavora part-time spesso involontariamente: mancano i servizi
Milano – Milano spicca per gli alti livelli di occupazione, anche femminile (al 70,5%, secondo gli ultimi dati Istat, rispetto al 56,5 italiano) e per la percentuale di lavoratori con livelli di istruzione avanzati (oltre il 23%), ma osservando il contesto metropolitano più da vicino, a emergere sono le disuguaglianze all’interno della città. A metterle a fuoco è il dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale dell’Università di Milano-Bicocca con il progetto CitiLab finanziato da Fondazione Cariplo, che mira anche a dare indicazioni ai decisori politici e ad analizzare gli effetti delle politiche in corso. Sotto la lente le categorie più vulnerabili e forme di esclusione radicate. Tra i dati analizzati, il part-time femminile, non sempre “volontario“: il 29% delle donne lavora part-time spesso perché i posti negli asili nidi e i doposcuola non sono sufficienti. Le donne con un’istruzione terziaria registrano tassi di partecipazione al lavoro alti, ma comunque inferiori rispetto a quelli degli uomini (82% contro 86,58% nel 2022, confermando il divario di oltre tre punti percentuali del 2019).
Altro dato: un disoccupato su due lo è da un periodo lungo, di almeno 12 mesi, e fa più fatica a ricollocarsi. Solo il 12% delle persone con disabilità gravi trova lavoro, percentuale che scende al 9,1% per le donne disabili. Secondo i dati della Città Metropolitana di Milano, al 31 dicembre 2023 si contavano 9.974 persone in liste di collocamento con disabilità fino al 79% e 5.060 individui con disabilità all’80%. La disoccupazione colpisce in particolare i giovani e le persone con basse qualifiche, tra i disoccupati di lungo periodo figurano, ancora una volta, molte madri. Secondo i dati Eurostat, nell’Unione Europea, tra il 2008 e il 2014, il numero dei disoccupati di lungo periodo è raddoppiato e rappresenta più della metà del totale dei disoccupati anche a Milano. La situazione è peggiorata con la pandemia.
Dai dati, la contromossa. I ricercatori hanno indagato il mercato del lavoro a Milano e ad Amsterdam unendo alle statistiche le interviste a 70 attori locali coinvolti sul tema e analizzando modelli di successo e criticità. “Milano ha le potenzialità per migliorare la qualità del lavoro e l’inclusione”: ne sono convinti i sociologi di Bicocca, che svelano i punti di forza e le sfide del mercato del lavoro. “Milano può contare su risorse e strumenti per il reinserimento lavorativo, come il progetto Emergo per le persone con disabilità – spiegano i sociologi –. Tuttavia, la ricerca ha evidenziato che questi strumenti soffrono di rigidità e standardizzazione, penalizzando chi ha bisogni complessi. La frammentazione e il debole coordinamento tra pubblico, privato e Terzo Settore limita l’efficacia delle politiche, soprattutto nelle aree periferiche della città. E i servizi di cura insufficienti impediscono a molte donne di accedere a percorsi di formazione e occupazione”.
Di qui “le raccomandazioni per una Milano più inclusiva”. Tra le indicazioni, “politiche personalizzate”, adattando i programmi ai bisogni specifici di donne, persone con disabilità e disoccupati di lungo periodo. “Investire nella qualità del lavoro”, garantendo stabilità e opportunità di crescita professionale, non solo quantità di occupati. Un altro punto chiave è il coordinamento degli interventi: “Bisogna rafforzare la collaborazione tra i diversi attori per ridurre la frammentazione dei servizi”, spiegano i sociologi, che chiedono anche un ampliamento dei servizi di cura per favorire la partecipazione delle donne al mercato del lavoro: “Con queste azioni, la città può affrontare la crescita delle disuguaglianze, favorire uno sviluppo più equo e costruire un modello replicabile anche in altre città italiane ed europee”.