Inter, la conta degli errori. Così Spalletti vuole ripartire: "Anche colpa mia"

L’analisi: Skriniar e Icardi hanno tradito le attese, il doppio impegno pesa per tutti

Luciano Spalletti

Luciano Spalletti

Milano, 13 novembre 2018 - Il primo a immettersi tra i responsabili della situazione è stato Luciano Spalletti. Niente sconti, neppure a sé stesso. Il tecnico, ieri presente alla consegna della «Panchina d’oro», si è auto-accusato, come un giocatore che commette un fallo e si scusa con il direttore di gara. L’analisi di una sconfitta, spesso, poggia su più ragioni e non può essere la sola impostazione della gara a dare origine a una prestazione come quella dell’Inter a Bergamo, paradossalmente più deficitaria nel primo tempo (chiuso sotto per 1-0) che nel secondo, quando si è materializzato il poker atalantino.

Nell'era spallettiana non si era ancora vista una prestazione così arrendevole, piena di errori, come se le sette vittorie consecutive in A o il fatto di aver appena fermato una corazzata come il Barcellona non avessero dato alla squadra certezze, al contrario avessero prodotto un pizzico di presunzione di troppo. «Se avessi avuto le risposte, avrei preparato la gara diversamente. Mi sento molto parte in causa di quello che è successo», è stata l’analisi di ieri di Spalletti. In effetti così come ha dato frutti a Roma la mossa Joao Mario, poi replicata con il Genoa, risultato opposto ha avuto la decisione di escludere il portoghese per dare spazio a un centrocampo più muscolare. Troppo, per i ritmi imposti dall’Atalanta, che hanno fiaccato ben presto la resistenza del trio Vecino-Brozovic-Gagliardini. L’ex di turno è tra quelli che non possono avere nemmeno l’alibi della stanchezza, dato che in Champions non è disponibile perché fuori dalla lista Uefa e anche in campionato è partito titolare solo cinque volte su dodici.

Il guaio, per Spalletti, è che a steccare sono stati in maniera netta anche i giocatori che con il Barcellona c’erano e che formano la spina dorsale della squadra: Skriniar, Asamoah, Brozovic, Vecino, Politano, Perisic, Icardi. Hanno avuto cinque giorni per eliminare le scorie, evidentemente non sono bastate e in questo fattore può aver influito la scarsa abitudine a giocare contemporaneamente campionato e Champions League. Non molti (meglio, quasi nessuno) nella rosa hanno alle spalle esperienza nel duplice appuntamento. Per affrontare una stagione di vertice sia in Serie A che in Europa serve esperienza, forza, mentalità vincente tale da riuscire a mantenere un rendimento e una concentrazione costanti in ogni gara. Dopo il pessimo avvio con due sconfitte di fronte a Sassuolo e Parma, l’Inter sembrava aver imboccato la strada giusta e potrebbe ancora essere così guardando alla classifica: terzo posto, a -3 dal Napoli secondo, in linea con i programmi per rimanere in Champions ma non per recitare il ruolo di anti-Juve. Per quello, probabilmente, è ancora troppo presto. 

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