Rime di Catullo e lacrime di dolcezza

Claudio

Negri

Giovedì scorso era una di quelle giornate che, malgrado tutto, mi rimbombano nel sangue: un grande poeta latino nato a Verona duemila anni fa, Valerio Catullo, è tornato a regalarmi il suo carme alla primavera. Incurante del calendario acerbo e del riscaldamento globale. La fragranza dei versi è intatta. Senza data di scadenza, dai lunghi mattini del liceo. Intatta dolcezza evocativa del latino, come la lieve carezza di tenere dita di donna. Catullo era uomo di mondo, viveva nel pieno del suo tempo: la pallida e castigata versione scolastica non dice, sottace, emenda la sua ispirazione più pagana e carnale, persa nei bordelli o in accoppiamenti poco giudiziosi. Era il lato sanguigno di quel poeta noto oggi anche alle scatole di cioccolatini per il suo amore sfortunato – il solo per cui valga la pena – consacrato alla disinvolta Lesbia. Ma l’estroso veronese, le cui pagine da festino al lupanare o da bunga-bunga ante litteram si leggevano comunque di sguincio, per diletto un po’ arrossente, resta sempre e a maggior ragione il più caro amico conosciuto nell’adolescenza ombrosa. Quell’amico che, beato lui, aveva un villa alla cuspide di Sirmione, una casa soffusa di barbagli di sole ed echeggiante di risate, dal lago alle più riposte stanze. Per dormirci poi una notte molto ma molto lunga, per non dire eterna. Quell’amico che, alle Grotte di Catullo, mi fece piangere di malinconica dolcezza, proprio come un poeta romantico inglese al Grand Tour, per un cespuglio di rosmarino: l’intenso aroma era il chiavistello olfattivo di un mondo perduto. L’amico Catullo non pretenderà certo i diritti d’autore se riporto qui, tradotti ma non traditi troppo, i suoi versi: “È primavera, tornano i giorni miti e la brezza leggera dello zefiro spegne nel cielo la furia dell’inverno Lasciamo i campi della Frigia, Catullo le pianure fertili e afose di Nicea; via in volo per le città luminose dell’Asia Irrequieto ti brucia una febbre di andare e nel desiderio ritrovi la tua forza Addio, dolce compagnia di amici partiti insieme dalla patria lontana ciascuno per strade diverse ritorneremo”.

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