di Andrea Gianni Dietro l’orrore una "terribile solitudine". Una rete sociale che non è scattata per proteggere la piccola Diana dalla madre, Alessia Pifferi, che l’ha abbandonata e lasciata morire di stenti nel suo lettino. Stefano Mastrodomenico, educatore e direttore del Villaggio del Fanciullo di Morosolo, dal 2007 è al fianco di donne e bambini in situazioni di disagio. Le sei comunità nel Varesotto in questo momento ospitano circa 60 persone, tra cui una quota di mamme segnalate dai servizi sociali per situazioni che potrebbero mettere a rischio i figli. In questi casi la rete di protezione, venuta meno con la piccola Diana, è scattata in tempo. E si può intervenire, prima che sia troppo tardi. Stefano Mastrodomenico, come viene strutturato l’intervento in questi casi? "Bisogna premettere che, quando il bambino è in pericolo, scatta subito la segnalazione all’autorità competente, cioè il Tribunale per i minorenni, che valuta un eventuale provvedimento per allontanarlo dal nucleo familiari. In altri casi, quando si inizia un percorso, bisogna lavorare per costruire un rapporto fra genitore e figlio. Le donne in difficoltà possono avere bisogno di un lavoro stabile, di una casa, di un supporto economico, ma spesso il disagio è molto più profondo e in questi anni è aumentato. Accogliamo mamme single, a volte giovanissime, che hanno un figlio ma non comprendono che cosa significhi essere genitore. Il loro disagio spesso è legato a traumi vissuti durante l’infanzia, a mancanze ereditate dalla famiglia di origine. Lavoriamo con persone con problemi psichici, o di tossicodipendenza. Un insieme di fattori che mette in pericolo il percorso di crescita del bambino". Ospitate anche mamme minorenni? "Sì, ad esempio di recente abbiamo accolto una ragazza di soli 16 anni con un bambino di pochi mesi. Si tratta di situazioni molto delicate. La madre deve decidere se portare avanti la sua ...
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