"Milano merita le Olimpiadi": parola di Guido Caroli, tedoforo a Cortina nel 1956

Fu lui ad accendere il Braciere Olimpico dei Giochi di Cortina del 1956

Guido Caroli

Guido Caroli

Milano, 19 giugno 2019 - Il viaggio nel tempo regala sempre grandi emozioni, ti fa rivivere momenti magici, ti fa luccicare gli occhi. Perché riscrivere la storia da parte di chi l’ha realmente vissuta provoca sensazioni bellissime. Quel che sta provando in questi giorni di frenetica attesa per l’assegnazione dei Giochi Invernali 2026 un arzillo vecchietto di 92 anni: Guido Caroli, milanese, campione di Pattinaggio su ghiaccio cresciuto al Circolo pattinatori della città, poi allenatore e infine venditore di auto. Fu lui ad accendere (non senza difficoltà) in qualità di ultimo tedoforo, il Braciere Olimpico dei Giochi di Cortina del 1956 e oggi è il primo tifoso in questa lunga corsa del capoluogo lombardo a braccetto con Cortina.

«Milano merita le Olimpiadi, che siano invernali o estive poco importa. E poi è accompagnata da una signora, anzi, dalla Regina delle nevi di nome Cortina. Sono certo che alla fine batteranno la concorrenza di Stoccolma, perché Milano è pronta, non le manca nulla. E Cortina era già meravigliosa sessant’anni fa, la prima stazione invernale in assoluto a livello sportivo e turistico, mi ricordo ancora quell’hotel da sogno, il Miramonti...». Altri tempi. Sessantatré anni dopo, nella sua abitazione in zona piazzale Ovidio, l’atleta meneghino riavvolge il nastro dei ricordi... ripartendo dall’era glaciale. Memoria di ferro, nulla dimentica, neppure i dettagli. Accanto a lui la moglie Nicoletta che lo ascolta divertita e incuriosita, soprattutto quando il marito rievoca il momento d’imbarazzo, un episodio che fece “storia” ed è rimasto negli annali degli sport olimpici. Era il 26 gennaio 1956 quando Zeno Colò fece il suo ingresso allo stadio del ghiaccio di Cortina costruito per l’occasione e passò la fiaccola al pattinatore Guido Caroli. L’ultimo tedoforo (alla sua terza Olimpiade dopo St Moritz del 1948 e Oslo del 1952) inciampò però su un cavo televisivo, cadde ma riuscì a non far spegnere la fiamma e accese il tripode la cui luce indirettamente illuminò, proprio grazie al successo dei giochi cortinesi, anche la strada per i Giochi Olimpici di Roma nel 1960. «Mi ricordo benissimo quanto accaduto – sorride Caroli provando a sdrammatizzare –. Avevano lasciato un cavo del microfono lungo la pista... In realtà notai la cosa durante le prove del giorno prima, il cerimoniere mi aveva pure avvisato di stare attento assicurandomi però che lo avrebbero staccato. Il problema è che la notte fece tanto freddo, la spina ghiacciò al punto che nessuno riuscì a toglierla. Peccato che nessuno mi avvertì, e quando il pattino toccò il cavo caddi sulla pista, anche se ...».

Gli occhi di Guido s’illuminano d’orgoglio, e così il racconto sa di liberazione e si trasforma in una favola a lieto fine: «Per fortuna non mollai la fiaccola, il fuoco non spense... Quel giorno si parlò solo della mia caduta. Ricordo ancora che durante il ricevimento mi chiamò il presidente della Repubblica Giovanni Gronchi per congratularsi, perché non avevo mollato e la fiaccola rimase accesa... Parole amplificate dalla televisione perché era la prima volta che i Giochi andavano in video». Poi vennero le gare. Undici giorni all’ombra delle Tofane che l’atleta milanese ricorda così: «Se ripenso a quelle Olimpiadi mi torna in mente il gran freddo. Di notte si toccavano anche i -30 gradi. Tutta la neve era stata riportata dagli alpini e quella poca era pure ghiacciata, sulle piste c’erano lastre pericolosissime. E poi.... il nostro era il pattinaggio dei pionieri. Altro che palazzetti riscaldati, lì si correva all’aperto, col freddo e pure col vento. A Misurina ci raschiava la faccia tanto era gelido... Il ghiaccio su cui far scivolare le lame dei pattini non era né bello né regolare. Oggi invece è cambiato tutto, chi gareggia ha tanti privilegi: a cominciare dall’attrezzatura, e poi gli impianti, è un altro sport rispetto ai miei tempi. E poi oggi i più bravi ricevono anche bei premi in denaro mentre noi dovevamo accontentarci di saltuari rimborsi spese. Ma era così bello poter girare il mondo per gareggiare, nessuno pensava ad arricchirsi... Il pattinaggio era solo una meravigliosa passione».

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