"METTIAMO IN RETE LA CULTURA DELLE AZIENDE"

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LAVORO, formazione, rapporto costante con l’evoluzione del mondo produttivo, tensione al futuro. È con tutte queste variabili che deve misurarsi un’azienda che guarda a mercati ed esigenze sempre più sofisticate. Ed è con queste variabili che si confronta un manager come Carlo Tamburi, direttore Italia del gruppo Enel, multinazionale dell’energia presente in oltre trenta paesi. Confronto che passa inevitabilmente anche dalle aule delle università.

Cosa vi aspettate dagli atenei con cui siglate accordi quadro?

"Per un’azienda come Enel il rapporto con le università è importante perché, per orientarsi meglio nel mondo del lavoro futuro, la formazione delle competenze resta fondamentale".

In quale misura?

"Molto più di un tempo, perché le professioni del futuro ancora oggi non le conosciamo bene. I cambiamenti in corso sono epocali. Preparare i giovani a essere aperti, curiosi, pronti a mettersi in discussione e a cambiare mestiere è qualcosa che non si impara solo all’università".

Anche in azienda, immagino.

"Noi possiamo dire agli studenti come integrare le loro competenze accademiche con altre, ugualmente necessarie. Per esempio come lavorare in team, e convivere in organizzazioni complesse".

Enel però è una delle più grandi aziende italiane. Non fa proprio media.

"Certo, non tutti gli studenti lavoreranno in un grande gruppo come il nostro. Ma a noi servono persone orientate fin dall’inizio a capire come si opera in una multinazionale. Facciamo continuamente formazione. L’abbiamo incrementata anche per i lavoratori più esperti, perché i mestieri stanno cambiando. I nostri tecnici sono totalmente digitalizzati, hanno imparato a gestire reti e centrali da remoto".

Quindi con l’università che fate?

"Incontri, seminari, e diamo informazioni su di noi. Non solo negli atenei. Anche negli istituti superiori. Enel vanta una forte vocazione alla responsabilità sociale. Siamo entrati anche nelle scuole medie per dimostrare ai giovani come lo studio li può arricchire, appassionare, aiutare ad avere una vita migliore".

I futuri dipendenti, però, li trovate negli atenei.

"Abbiamo Fondazione Enel che si occupa di partnership con università e centri di ricerca anche internazionali. Vogliamo raccontare nei corsi di laurea la strategia di Enel, con seminari, borse di studio, accordi per i tirocinii che ruotino intorno ai nostri grandi temi strategici".

La ricerca dell’energia pulita.

"Direi piuttosto la transizione ecologica. Siamo molto avanti sulle energie rinnovabili, ma la nostra visione della sostenibilità non è solamente ambientale. Abbiamo una partnership con la Luiss, che ha una spiccata competenza in campo finanziario. Noi facciamo molto sulla finanza green: per esempio emettiamo obbligazioni che pagano un tasso di interesse collegato al raggiungimento di determinati obiettivi. Se entro la durata del titolo riduciamo l’emissione di CO2 secondo programma il tasso è minore, se non ce la facciamo è più alto".

Infatti mi chiedevo su cosa vi incontrate con università dedicate alle scienze sociali come Luiss.

"I nostri manager partecipano a corsi di formazione nelle scuole di specializzazione e la Luiss è una di queste. Ingegneri che seguono corsi di finanza o manager senior che tengono seminari nell’ambito della scuola stessa. Ci sono incroci di vario tipo nonostante Enel sia un’azienda molto tecnologica".

Che però ha anche tanti quadri amministrativi, finanziari, o impegnati nel marketing.

"Infatti. Alle aziende servono scienziati e tecnici ma hanno anche bisogno di questo tipo di competenze. Io mi occupo di un think thank: School of European Political Economy. È un gruppo di lavoro della Luiss che organizza seminari sulla politica internazionale. Partecipo insieme ad altri manager, professori, esperti delle istituzioni e si discute con gli studenti. Enel partecipa perché è presente in oltre trenta paesi del mondo. La geopolitica fa parte del nostro Dna".

Dal vostro punto di vista, cosa potrebbero fare di diverso e di meglio gli atenei che ancora non fanno?

"Favorire l’interscambio di informazioni tra le aziende, e anche all’interno della stessa filiera".

Per esempio?

"Creare una piattaforma in cui le aziende si scambino le rispettive conoscenze. Potremmo raccontare cosa facciamo e dove stiamo andando ai clienti e ai fornitori. Di solito quando spieghiamo il nostro piano strategico ci rivolgiamo alla comunità finanziaria. L’università potrebbe funzionare da piattaforma che facilita le informazioni tra imprese".

Perché dovrebbe interessare agli studenti?

"Perché nei seminari capirebbero come si muove il mondo, quali sono le esigenze delle aziende, cosa vuole un’impresa di dimensioni più grandi. L’università può mettere intorno a un tavolo situazioni e competenze diverse. Essere un epicentro di innovazione. Di scambio utile per tutti".

Marco Girella