Muratore fantasma dall’Egitto: "Il permesso costa mille euro"

Milano, in tribunale (per furto) la storia di un manovale senza documenti

Tribunale di Milano, aula delle direttissime. Un giovane egiziano, arrestato poche ore prima dalla polizia perché sorpreso a rubare all’interno di un furgone parcheggiato, risponde alle domande del giudice. Spiega in arabo di vivere in Italia da pochi mesi e di aver lavorato in nero come muratore e facchino. Riferisce di non avere il permesso di soggiorno perché non dispone dei "mille euro" necessari per procurarsi un contratto di lavoro stabile, necessario per ottenere la regolarizzazione. Poi tenta di negare l’evidenza, sostenendo di aver trovato per terra la refurtiva, cioè un paio di carte di credito prelevate dal furgone dopo aver mandato in frantumi un vetro. Dichiarazioni, quelle sul contratto di lavoro, che potrebbero essere riconducibili a un meccanismo già emerso da inchieste in diverse zone d’Italia. Organizzazioni, intermediari o imprenditori disonesti che in cambio di denaro offrono contratti di assunzione fittizi, si fanno pagare da chi cerca una strada per uscire dalla clandestinità e ottenere documenti in regola. Anche perché nell’edilizia, almeno in Lombardia, controlli incrociati e meccanismi come il certificato di congruità, che attesta la coerenza tra il numero di manovali impiegati in un cantiere e l’entità dell’opera da realizzare, hanno resto più difficile lavorare totalmente in nero rispetto al passato.

"Si è sviluppato però un sistema di lavoro grigio – spiega Riccardo Cutaia, segretario generale della Feneal Uil Lombardia – nella filiera dei subappalti sfrenati. Possiamo stimare che in Lombardia il 20-30% dei cantieri venga portato avanti in una situazione di simil legalità, di legalità solo apparente. Noi a livello nazionale abbiamo presentato proposte per migliorare le condizioni nel settore, a partire da salari più alti, qualificazione delle imprese, formazione reale, responsabilità del committente". Non è raro, quindi, trovare anche grattacieli e palazzi imponenti che vengono costruiti quasi solo da operai inquadrati al livello più basso del contratto collettivo nazionale. E clandestini contrattualizzati con identità fittizie, attraverso i documenti offerti (spesso in cambio di una quota dello stipendio) da connazionali regolari in Italia. Fenomeno che emerge anche da anomalie riscontrate nelle iscrizioni alla cassa edile, dove gli stessi dati anagrafici di stranieri compaiono in contratti diversi aperti in contemporanea.

Erano “fantasmi“ anche i due operai egiziani morti intossicati nel 2022 in un cantiere edile a Moltrasio. Reclutati a Milano, nel quartiere di San Siro dove vivevano, per costruire ville di lusso sul lago di Como, dormendo nel container dove hanno perso la vita. "La necessità di un contratto di lavoro per ottenere o rinnovare il permesso di soggiorno – sottolinea Cutaia – è un arma nelle mani dei caporali, che consente di ricattare gli operai e di dettare le condizioni".

Andrea Gianni