Lockdown Covid marzo 2020, Locatelli: rivendico con orgoglio scelta di chiudere il Paese

Il presidente del Consiglio Superiore di Sanità: molti più morti ci sarebbero stati e molte più famiglie avrebbero pianto, se questa decisione non fosse stata presa

Lockdown a Milano, strade deserte

Lockdown a Milano, strade deserte

"Permettetemi di rivendicare con orgoglio la scelta di aver chiuso il Paese nel marzo 2020. Molti più morti" ci sarebbero stati "e molte più famiglie avrebbero pianto, se non fosse stata presa". Queste le parole del presidente del Consiglio superiore di sanità (Css) Franco Locatelli, oggi al 77esimo Congresso nazionale della Società italiana di pediatria (Sip), in corso a Sorrento. "Ogni 10mila casi sintomatici nella fascia 5-11 anni vi sono 65 ospedalizzazioni, 6 ricoveri in terapia intensiva e un bambino che muore. Ed è sicuramente fuori discussione che la presenza di patologia concomitante determini un incremento del rischio di sviluppare malattia grave, ma quasi l'80% dei bambini ospedalizzati non avevano nessuna condizione patologica sottostante che giustificasse l'espressione di forme così gravi. Quanto ai decessi siamo tristemente arrivati a 56 bambini o comunque soggetti con età compresa fra 0 e 19 anni che hanno perso la vita per Covid-19" ha detto Locatelli.  E per quanto riguarda i decessi, ha fatto notare, "nel 2022 in 4 mesi e mezzo siamo al numero equivalente a quello osservato nel 2021. Il che è coerente con i dati sia di incidenza che di ospedalizzazione. Pochi dubbi che i casi maggiori" fra i bimbi "li abbiamo avuti a inizio 2022, rispetto a fasi che nel 2020-2021 avevano in parte risparmiato l'età pediatrica". 

Il primo tampone positivo a Codogno

Il 20 febbraio 2020 è il giorno in cui all’ospedale di Codogno è arrivato l’esito del tampone ed è positivo. È stato l’inizio di tutto, di una situazione impensabile fino a quel momento per una città come Codogno, nella Bassa lodigiana, lontano dai riflettori e abituata all’estrema tranquillità. Poi è stato il momento della prima zona rossa creata intorno a Codogno e altri dieci Comuni il 23 febbraio 2020 con l’arrivo dei militari a presidiare i confini, le strade deserte con solo le ambulanze. E la gente chiusa in casa con la paura e quel senso d’incertezza davanti a quel virus sconosciuto e terribile. Il primo lockdown nazionale è invece scattato a inizio marzo. In quelle settimana a essere particolarmente colpita dallo scoppio della pandemia è stata proprio la Lombardia, che ha vissuto giorni drammatici, culminati con le immagini delle bare di Bergamo, il 18 marzo (diventato data scelta per la giornata nazionale in ricordo delle vittime Covid). 

Il lockdown nazionale

Il Dpcm del 9 marzo disponeva infatti restrizioni per l'intero Paese, che diventò un’unica zona rossa. L'11 marzo 2020 è stato il giorno del lockdown, un termine che oggi è di uso comune e conosciamo tutti, annunciato da un discorso di Conte in tv: non si poteva uscire se non con una autocertificazione, per motivi di lavoro, di salute o per fare la spesa. Insomma, il modo di vivere delle persone è improvvisamente cambiato drasticamente. Le chiusure annunciate dall'allora presidente del consiglio Conte avrebbero dovuto durare per un periodo limitato, fino al 3 aprile, ma poi tutto è stato prolungato e la riapertura, da maggio, è stata lenta e graduale.

Speranza: fu il momento più difficile

A pochi giorni dal secondo anniversario dalla scoperta del "paziente 1" a Codogno il ministro della Salute Roberto Speranza aveva spiegato: "Il momento più difficile per me è quando abbiamo deciso il lockdown , quello è stato il momento piu difficile e non avevamo né vaccini né farmaci. Se lasciato circolare il virus avrebbe mietuto moltissime vittime. L'idea venne fuori dal confronto del Consiglio dei Ministri. Dopo poche settimane quella scelta venne assunta da molti altri paesi. Abbiamo riflettuto a lungo , abbiamo discusso per giorni e Conte si rese conto che la scelta migliore era la chiusura generalizzata".