BEATRICE RASPA
Cronaca

Terrorismo, torturò un minorenne che non si piegava all’Isis: condannato a dieci anni jihadista bresciano

Nel 2014 il foreign fighter Samir Bougana seviziò un 14enne curdo: avrebbe usato anche scariche di corrente elettrica. La difesa: "Teste inattendibile"

Samir Bougana, 29 anni, durante l’arresto da parte della Digos

Samir Bougana, 29 anni, durante l’arresto da parte della Digos

Brescia – Dieci anni. È la pena inflitta ieri dalla Corte d’assise a Samir Bougana, il 29enne foreign fighter di Gavardo già condannato in via definitiva a 4 anni per jihadismo radicale e finito nuovamente a processo con l’accusa, stavolta, di avere sequestrato e torturato un 14enne curdo che rifiutava di piegarsi all’Isis. Un’accusa aggravata dalla crudeltà, dalla finalità di terrorismo e dall’odio razziale. Trasferito da Brescia alla Germania nel 2010, l’imputato a fine 2013 raggiunse la Siria, a suo dire al seguito di una missione umanitaria, per la procura con l’obiettivo di addestrarsi nella ‘Casa dei tedeschi’, la palestra alla guerra talebana per i foreign fighters europei. Nel 2019 fu prelevato dalla Digos di Brescia a Kobane – dove si trovava prigioniero dei curdi – portato in Italia e processato per terrorismo.

L’ultimo procedimento nacque dalle dichiarazioni di un rifugiato siriano in Germania, il minore appunto, che riconobbe Bougana in foto indicandolo come l’esecutore di sevizie e torture che l’imputato gli avrebbe riservato nel 2014, mentre era detenuto nella provincia di Der Ez Zor. A detta del giovanissimo, Bougana l’avrebbe ripetutamente legato, appeso al soffitto della prigione su una sedia metallica, picchiato con bastoni e aste di metallo e sottoposto a scariche elettriche, un trattamento riservato agli oppositori, da cui ne ricavò cicatrici e deficit neurologici.

“Abbiamo dei dati processuali certi – ha sostenuto la pm Erica Battaglia nella requisitoria, chiedendo 12 anni –. Bougana si arruolò nell’Isis, gli furono assegnati una casa e uno stipendio e per quattro anni fece il guardiano nei rabat. La sentenza di appello è coerente con le accuse odierne". Il giovane rifugiato (cui è stato concesso asilo politico, ndr) "è credibile, non aveva alcun motivo di calunniare Bougana". Fu ascoltato cinque volte a Dusseldorf dagli inquirenti tedeschi e italiani perché dopo le prime dichiarazioni si chiuse a riccio per il timore di ritorsioni ai danni dei parenti in Siria. "Ha identificato Bougana in fotografia per caso, indicandolo come un subalterno del direttore del carcere, ed è sempre stato coerente. Il mancato riconoscimento successivo in una foto risalente a un altro periodo, in cui l’imputato appariva diverso, non è significativo: bisogna pensare allo stato emotivo di un ragazzino chiamato a ricostruire le torture subite".

Dal canto suo Bugana, ascoltato la scorsa udienza in videocollegamento dal carcere di Sassari, aveva dichiarato di non c’entrare nulla con l’Isis: "Non conosco chi mi ha denunciato, non sono mai stato affiliato allo Stato islamico e mai ho combattuto". In un video del 2018 e in un’intervista del 2019 agli atti tuttavia si era definito un piccolo terrorista pentito di avere aderito allo Stato Islamico e desideroso di tornare in Italia. "La parte offesa ha problemi di salute mentale, è inattendibile – ha arringato il difensore, l’avvocato Salvatore Arcadipane –. Ci sono dei testimoni che la smentiscono e attestano che Bougana nel periodo in cui lo si accusa fosse altrove. Le sue dichiarazioni sono contraddittorie: a un certo punto sostenne persino che quelle ferite derivavano da un bombardamento, e descrisse Bougana come un uomo alto 1,80 quando non supera il metro e 55. Insomma, non ci sarebbero prove né di sevizie, né di torture". I giudici però – presidente Roberto Spanò – non ci hanno creduto.