Incubo Caffaro, via alla bonifica. Dopo vent’anni

Brescia, ce ne sono voluti 4 per il piano esecutivo. Lavori per 70 milioni dal 2021, progetto unico al mondo

L'ex Caffaro a Brescia

L'ex Caffaro a Brescia

Brescia, 7 settembre 2020 - Grazie al “via libera” arrivato da parte del Ministero dell’Ambiente, a Brescia si attuerà il più importante e impegnativo progetto di bonifica di un sito inquinato che sia mai stato attuato in Italia, quello della Caffaro di Brescia. Un intervento che prevede un investimento di risorse pari a 70 milioni di euro e che sarà eseguito con tecniche innovative, che lo renderanno un esperimento - pilota a livello mondiale.

La notizia dell’ok ministeriale al Pob (Piano operativo di bonifica) è arrivata nelle scorse ore ed ha ottenuto la reazione entusiastica del sindaco di Brescia, Emilio del Bono e del commissario del sito nazionale Sin Caffaro, Roberto Moreni. La vicenda è annosa e affonda le sue radici nel passato, quando a Brescia veniva prodotto il Pcb, il policlorobifenile, dai molteplici utilizzi. Questo accadeva sin dall’inizio del ’900. Solo nei primi anni ’80, però, fu chiaro che il Pcb aveva un elevato grado di tossicità e che le aziende che lo utilizzavano e tra esse la Caffaro, avrebbero potuto causare danni all’ambiente. Le prime denunce ufficiali da parte dell’opinione pubblica risalgono al 2001, anche se nel frattempo la Caffaro aveva già smesso si produrre Pcb nel 1984. Il danno provocato, però, era ormai enorme e si era esteso sia al terreno, sia alle falde acquifere, non solo dove si trova l’azienda ma in molte aree circostanti fino a raggiungere Flero, Castegnato e Passirano, nel pieno cuore della Franciacorta, dove ancora oggi esistono ordinanze che vietano di coltivare certi tipi di verdure e ortaggi e dove nel tempo, secondo gli ambientalisti, il numero di tumori è aumentato in modo esponenziale. Il collegamento con l’inquinamento da Pcb e diossine non sarebbe escluso.

Il Sito nazionale Sin Caffaro è stato creato nel 2002 e finora poco è stato fatto, anche per le difficoltà di coordinamento. Ora gli interventi finalmente saranno attuati e, in previsione, riguarderanno il suolo, che sarà ripulito e lavato, e le falde. I tempi saranno però lunghissimi, almeno dieci anni. Per il commissario Moreni, restano comunque tempi «non da Paese normale», visto che sono passati 4 anni dal bando al progetto esecutivo. Quest’ultimo dovrà essere inviato entro due mesi e conterrà, oltre a quanto definito nel Pob, anche la parte sullo smantellamento di edifici e impianti (prima serve comunque il passaggio al Provveditorato regionale per le opere pubbliche). Il primo obiettivo fissato è quello di concludere la gara. «Il che dovrebbe accadere entro il 2021», ha specificato Moreni . 

I problemi inizieranno con le opere, dato che l’area inquinata è particolarmente vasta e non sono ancora state trovate le sorgenti secondarie di cromo esavalente, mercurio e tetracloruro di carbonio. Oltre a queste sostanze inquinanti vi sono anche arsenico e furani. Bisognerà poi stabilire se il procedimento di inertizzazione del terreno funzionerà e quanta parte del sito potrà essere bonificata con 70 milioni. Si pres