Omicidio di Seriate, la richiesta: "Ammazzò la moglie, processatelo"

Chiesto il rinvio a giudizio per Antonio Tizzani. Secondo l'accusa uccise Gianna Del Gaudio dopo una lite

Gianna Del Gaudio e Antonio Tizzani (De Pascale)

Gianna Del Gaudio e Antonio Tizzani (De Pascale)

Seriate (Bergamo), 1 dicembre 2018 - Chiusa l’inchiesta sull’omicidio della professoressa in pensione Gianna Del Gaudio, 63 anni, uccisa poco dopo la mezzanotte del 26 agosto del 2016 nella sua villetta di Seriate, ora è arrivata anche la richiesta di rinvio a giudizio per l’unico indagato, il marito Antonio Tizzani, 70 anni ex capostazione. "Da una prima analisi degli atti di indagine, comprensivi delle indagini scientifiche e quelle investigative - ha commentato il difensore di Tizzani, Giovanna Agnelli - non ho letto elementi sulla base dei quali sia sostenibile un’accusa in giudizio, sia del reato di omicidio che di quello di maltrattamenti, a carico del mio assistito".

Il pm Laura Cocucci all’accusa di omicidio ha infatti aggiunto anche quella di maltrattamenti, un’ipotesi che al suo interno potrebbe contenere il presunto movente. E cioè che la tragedia sarebbe maturata nell’ambito dell’ennesimo litigio familiare. Scrive il pm che Tizzani «maltrattava la moglie mediante atti di violenza fisica e psichica, spesso quando abusava nel bere alcolici. Gli atti di violenza consistevano nello strattonarla, prenderla per i capelli, colpirla con schiaffi, procurandole segni evidenti di percosse e umiliazioni». A sostegno di questa accusa sono stati raccolti referti sanitari e dichiarazioni dei parenti con cui Gianna si era confidata. Secondo chi indaga indaga Tizzani sospettava una relazione della moglie con un collega che a volte l’accompagnava a casa. Quella, è l’ipotesi del pm, l’ex capostazione avrebbe litigato con la moglie intorno alla mezzanotte dopo aver salutato il figlio Mario e la compagna. Lui, sempre per l’accusa, l’avrebbe aggredita alle spalle mentre lei lavava i piatti. Una coltellata, un fendente letale. Poi, dopo essersi lavato le mani, sempre per chi indaga, sarebbe uscito per disfarsi del sacchetto di mozzarelle in cui c’era il cutter - che gli investigatori ritengono essere l’arma del delitto - e i guanti in lattice. Il sacchetto è stato trovato il 6 ottobre del 2016 in una siepe a circa 600 metri dalla villetta di via Madonna della Neve.

Sulla lama sono state trovate tracce di sangue della vittima, sul manico del cutter è stato trovato il dna di Tizzani. "I dati scientifici danno una chiara visione di quanto accaduto ed identificano il colpevole in un soggetto diverso da Tizzani - ha commentato Giorgio Portera, consulente della difesa, e responsabile di genetica forense della Fondazione Filarete (Università di Milano) - Anche in questo caso criminoso il dna ha un fortissima valenza. Sarà importante poter spiegare i vari contenuti al momento opportuno".