Indiano ucciso a coltellate, restano in carcere i sei connazionali

Sei indiani restano in carcere per l'omicidio di Ranjit Singh a Brescia, legato a contrasti lavorativi. Il giudice ha motivato la custodia per il rischio di fuga e pericolo di nuovi crimini violenti.

Restano in carcere i sei indiani fermati per aver concorso all’omicidio di Ranjit Singh, 51 anni, anche lui indiano, ucciso a coltellate la sera della vigilia dello scorso Natale in un parcheggio di via Milano a Brescia, per motivi dovuti a rapporti lavorativi deteriorati e una vendetta maturata dall’ex datore di lavoro di Singh. L’arresto dei sei presunti autori del fatto è stato convalidato, anche se davanti al giudice tre sono restati in silenzio e tre hanno negato ogni responsabilità.

Nei confronti di cinque loro – tutti fra i 20 e i 30 anni – il gip del tribunale di Brescia ha motivato la custodia in carcere evidenziando il pericolo "attuale e concreto di una loro fuga", fuga che si era già verificata per quattro di loro a 48 ore dall’omicidio, quando erano scappati in Germania e in Francia (per poi rientrare in Italia ed essere arrestati); oltre che per il rischio che possano commettere "altri gravi delitti, con violenza nei confronti delle persone", trattandosi di soggetti "con un assoluto disprezzo per la vita umana".

Terzo motivo a sostegno del carcere, il pericolo altrettanto fondato di un possibile inquinamento delle prove. Le stesse motivazioni espresse dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Cremona nei confronti del sesto indagato, a cui quella sera era stato affidato il ruolo di “palo“, residente a San Giovanni in Croce. Il mandante dell’omicidio sarebbe l’ex datore di lavoro, 48 anni, residente a Bagnolo Mella a cui la vittima avrebbe bruciato tre veicoli per vendicarsi di un debito mai sanato.

Milla Prandelli