
L'artista al lavoro
Pieve Emanuele (Milano), 15 novembre 2016 - Un nobile fine dietro il misterioso artista che da mesi dipinge in solitaria le vetrate degli edifici abbandonati del quartiere delle Rose. Non solo degrado, quindi, nei pressi dell’ex centro direzionale di via delle Rose a Pieve Emanuele, che è da anni vuoto in attesa di essere demolito per nuove edificazioni commerciali. Si fa chiamare “Hot in public”, è la sua tag, ed è un giovane pievese che ha fatto della sua passione e della sua bravura, una missione civica.
"Il lavoro iniziato su questi edifici - spiega - è mirato a restituire un po’ di dignità, decoro e vita a quest’area così desolata e desolante. Ho iniziato infatti con animali dipinti da dentro che si affacciano alle finestre guardando i passanti sotto, proprio perché mi piaceva l’idea che ci potesse essere ancora vita tra quelle macerie". Diverse le fasi del lavoro eseguito da Hot in public: nel primo periodo, sono appunto animali in bianco e nero, c’è una giraffa, una formica, un koala, un panda e dei volatili; e poi anche figure umane, o solo tratti, come una bimba che fa capolino da una tenda, un uomo a testa in giù, un occhio, un volto che esce da un vaso come un mazzo di fiori. In un secondo momento, invece, è passato a busti di creative divinità aborigene politeiste, tutte molto variopinte; le creazioni più recenti, invece, rappresentano fiori, ingranaggi e volti, che nascondono le lettere del nome d’arte. "I temi dei disegni - prosegue l’artista - sono basati su gusti, capacità e stili personali, ma il principio base è sempre quello di riabitare il palazzo. Avrei in progetto di proseguire e completare tutte le fiancate, ma entrare è diventato sempre più complesso". Hot in public ci rivela che i dipinti sono fatti tutti con bombolette spray ed eseguiti dall’interno dell’edificio, cui è riuscito ad accedere dapprima attraverso gli ingressi non ancora blindati, in seguito, con qualche escamotage e arrampicata, il tutto da solo e con lo sguardo amichevole dei residenti. «So che quella che io chiamo la mia missione è su una linea sottile tra legalità e illegalità, ma considerato il mio scopo, la definirei una illegalità buona. Cerco sempre, se ne ho l’occasione, di spiegare alle persone quello che faccio e mantenere buoni rapporti con i cittadini. Il mio tratto può piacere o meno, ma sfido chiunque a sostenere che quella facciata fosse più bella prima».
Di recente ha stretto una collaborazione con un altro writer, “Abes”. Insieme stanno realizzando una grande opera alla base dell’edificio: un graffito che rappresenta una simpatica discarica, "ispirato ai detriti che vengono abbandonati qui davanti. A volte il fatto che noi siamo lì a dipingere fa desistere qualche soggetto dal portare a termine la sua opera. Ci piacerebbe un museo a cielo aperto che riporti l’attenzione su questo problema. In particolare vorremmo portare l’attenzione dell’amministrazione comunale sul nostro lavoro, per avere un sostegno in questo percorso di rivalorizzazione degli spazi".