LIBRI A CONFRONTO DI ANTONIO CALABRO' - Libri che parlano di libri: fra analisi e amarcord

Per quanto tempo ancora varrà il motto di Cicerone secondo cui “una casa senza libri è come un corpo senz’anima”? di Antonio Calabrò

Libri a confronto di Antonio Calabrò

Libri a confronto di Antonio Calabrò

Milano, 17 agosto 2014 - Per quanto tempo ancora varrà il motto di Cicerone secondo cui “una casa senza libri è come un corpo senz’anima”? O succederà presto che vedremo sparire quegli oggetti di carta, densi di parole, rilegati in belle copertine, magari non bruciati come nel terribile rogo della gigantesca biblioteca di Peter Kien (nelle pagine di “Auto da fé” di Elias Canetti) ma tutti rinchiusi (e trasformati) in un comodo oggetto del mondo digitale? Il numero dei libri venduti, in Italia, diminuisce sensibilmente. Librerie storiche chiudono i battenti. E dunque, in tempi di crisi, è tutto un discutere. E scrivere: libri che parlano di libri. Meta-editoria. Sguardi allarmati sul futuro e malinconici amarcord. Ma anche analisi lucide e non disperate. Come quella di Gian Arturo Ferrari (a lungo uomo tra i più influenti dell’editoria italiana) in Libro, per Bollati Boringhieri: si ricostruiscono le fasi dell’evoluzione del libro, dal manoscritto al volume a stampa sino al prodotto digitale e se ne individua la natura di “mosaico” le cui tessere, nel corso del tempo, si compongono in modo originale, cambiando addirittura il disegno.  E domani? Molta editoria (manualistica, specialistica, scolastica) sarà digitale. Fors’anche la saggistica d’attualità, effimera ma anche arricchita dalla multimedialità (l’intervista video a un personaggio, le immagini d’un evento da trovare sul web, a completamento del testo). Meno, per fortuna, i romanzi. Qui, la carta manterrà spazio. Senza dimenticare che “il libro è uno scambio del meglio che abbiamo e che riceviamo. Il libro è un dono”. Un grande amore per la parola scritta e stampata percorre anche le pagine di Breve storia del libro (a modo mio) di Andrea Kerbaker, per Ponte alle Grazie: gli scribi e i rotoli di pergamena, Gutenberg e le “aldine” di Manuzio, la tecnologia dei tedeschi e l’eleganza dei caratteri svizzeri degli Elzevier e dell’italiano Bodoni, i libri dell’illuminismo che costruiscono modernità e libertà, i tempi nostri incerti. Con una consapevolezza, affidata alle parole d’un bravo editore, Massimo Vitta Zelman, di Skira: “Quelli che scrivono, pubblicano, vendono, leggono e raccolgono libri sono, secondo me, la parte migliore dell’umanità”. Non avere paura dei libri, raccomandava Eva, austriaca colta e amante di musica e letteratura, al figlio Christian Mascheroni. E quella frase così forte e rassicurante è diventata il titolo di un gran bel libro, pubblicato da Hacca, denso di ricordi familiari e letture appassionate: “Mio padre e mia madre sono i libri che avrei voluto scrivere e leggere… i libri che riapro, dai quali ottengo risposte, che mi suscitano nuove domande”.  E per persone così che, nonostante tutto, reggono ancora i librai (ma per quanto?). Come racconta Roberto Casati in Contro il colonialismo digitale. Istruzioni per continuare a leggere, Laterza. E come testimoniano Massimiliano Timpano e Pier Francesco Leofreddi in “Chiuso per Kindle”, un ironico, lucido, appassionato “diario di un libraio in trincea”. Che lavora, nonostante il cliente che chiede “il fu Mattia” di Pascal o “quello che pensa che Sara Mago sia un’autrice portoghese”. C’è sempre, nonostante tutto, una persona curiosa e gentile cui consigliare Stendhal o l’ultimo buon romanzo di Maurizio De Giovanni. Viva, il libro. 

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