Un angelo per le Bestie: "Ecco perché ho aiutato chi ha ucciso mia figlia"

Silvio Pezzotta e il rapporto speciale con la Ballarin

Silvio Pezzotta e Elisabetta Ballarin condannata  a 23 anni  per il coinvolgimento nell’assassinio di Mariangela

Silvio Pezzotta e Elisabetta Ballarin condannata a 23 anni per il coinvolgimento nell’assassinio di Mariangela

Somma Lombardo (Varese), 14 maggio 2017 - «Io non ho meriti. Ho solo dato una mano a una persona che ne aveva bisogno. L’ho fatto nel nome di mia figlia». Non capita solo a James Stewart nei film di Frank Capra di incontrare un angelo. Per Elisabetta Ballarin è stato così. Nella risalita, il riscatto, la vittoria finale di una donna di quasi 32 anni, condannata a 23 per il coinvolgimento nell’omicidio di Mariangela Pezzotta, ha avuto una buona parte un angelone alto e massiccio di Somma Lombardo, cuore dolce, passione per il ciclismo e il mito di Fausto Coppi: Silvio Pezzotta, il padre di Mariangela. Oggi Elisabetta è una donna libera. Si lasciato alle spalle il carcere di Verziano per un percorso di affidamento ai servizi sociali. A chi le è vicino dice che vuole proseguire la sua vita in silenzio, lontano dai riflettori. Una laurea con lode e una laurea specialistica, un lavoro. In tutti questi anni Silvio Pezzotta le ha offerto comprensione, vicinanza, soprattutto fiducia. Era commosso, una mattina di giugno di tre anni, mentre consegnava a Elisabetta la borsa di studio che la Confcooperative di Varese aveva intitolato alla madre della ragazza, Cristina Lonardoni, morta in un tragico incidente domestico. Quello di Mariangela Pezzotta fu l’ultimo omicidio delle Bestie di Satana, compiuto, il 24 gennaio 2004, a colpi di pistola e badilate da Andrea Volpe e Nicola Sapone nello chalet di Golasecca dove Volpe viveva con la fidanzata Elisabetta.

Signor Pezzotta, lei è un simbolo di generosità.

«Non esageriamo. Semplicemente avevo capito che non c’era solo del male ma si poteva tirare fuori anche del bene. Non va lasciato niente di intentato. Va data sempre una opportunità, nella vita come nello sport. Non si deve buttare niente al macero. È stato decisivo l’atteggiamento di Betty».

Quale?

«Ha afferrato con i denti questa opportunità. Ci ha creduto. Merito dei tanti che l’hanno accettata per quella che è, senza cercare il perché. Una cosa bellissima».

Che cosa rappresenta per lei Elisabetta Ballarin?

«L’esempio che non si deve mai buttare via la chiave e dare sempre una prova d’appello. Mi sono impegnato. Quello che speravo alla fine si è realizzato. Speravo che la ragazza riprendesse la sua strada. L’ha ripresa. È un esempio anche per i ragazzi che sbagliano, ma che possono anche recuperare e riprendersi la vita in un modo normalissimo. Ce ne sono tanti, invece, che sbagliano a non riescono più a uscirne».

Come pensa che gli altri guardino Elisabetta?

«Non si deve puntare il dito, continuare a dire, ‘guarda, quella lì è quella che ...’. No. Adesso è la dottoressa Elisabetta Ballarin. Punto e a capo. È una persona matura, molto matura. Un giorno dopo l’altro ha riconquistato un pezzetto di terreno, di strada. La mia felicità è questa. Sono felice che il giudice abbia compreso quello che è oggi la ragazza».

Quanto ha contribuito Silvio Pezzotta a tutto questo?

«Se proprio vogliamo, sono stato un tassello, uno di quelli che hanno dato una mano a ricostruire una persona. Ma è il merito è suo, di Elisabetta. E adesso basta perché incomincio a commuovermi».