Per pagare le tasse si lavora ancora troppo

Secondo uno studio dell’Institut Èconomique Molinari di Bruxelles, in Europa i primi a finire di lavorare per lo Stato sono gli svedesi

Milano, 3 giugno 2017

DOMANDA:

Caro direttore, siamo in attesa di un ennesimo aumento delle tasse. Che sia l’Iva o che sia qualche altro balzello, è chiaro che sarà sempre di più la parte del nostro reddito destinato a essere divorato da quel mostro bulimico che è il nostro fisco. Il livello raggiunto è insostenibile e a mio avviso è il freno vero allo sviluppo dell’economia perché penalizza imprese e individui. Quel che è peggio è che siamo arrivati alla cosiddetta “evasione di sopravvivenza” che senza voler giustificare in alcun modo il reato, certamente ne è una spiegazione. Inoltre delocalizzazione e fuga dei cervelli sono conseguenze gravi di questa situazione. Come faremo? Lettera firmata 

 

RISPOSTA:

Il "tax liberation day” è il giorno dell’anno in cui smettiamo di lavorare per pagare le tasse. Quest’anno, secondo la Cgia di Mestre, per noi italiani cade proprio oggi, 3 giugno, in leggero anticipo rispetto al passato. Incluse le festività - fa sapere l’ufficio studi della Cgia - nel 2017 sono stati necessari dunque 153 giorni per scrollarci di dosso la morsa del fisco. Sono 38 giorni in più rispetto al dato registrato nel 1980. Secondo uno studio dell’Institut Èconomique Molinari di Bruxelles, in Europa i primi a finire di lavorare per lo Stato sono gli svedesi. Seguono, non senza sorpresa, i greci, i tedeschi e gli austriaci. A detenere il triste primato sono i francesi, con il loro 57,3% lavorano per pagare le tasse fino al 29 luglio. Sarà anche per questo che il candidato all’Eliseo Emmanuel Macron ha inserito un importante taglio delle imposte nel suo piano economico elettorale. È chiaro che questi dati non sono esaustivi per avere un quadro completo, occorrerebbero altri indicatori per esempio quelli sul livello qualitativo dei servizi ai cittadini. Però è certo che questi numeri siano i primi da scrivere su qualsiasi agenda politica. sandro.neri@ilgiorno.net