Seriate, la moglie dell’estremista algerino: "Non so cosa faccia quando è solo"

Seriate, nella casa dell’islamico espulso con l’accusa di terrorismo

Il palazzo Aler dove abitava la coppia

Il palazzo Aler dove abitava la coppia

Seriate, 13 ottobre 2016 - Il piccolo appartamento, un bilocale al primo piano del condominio Aler in via degli Alpini, a Seriate, è ancora sottosopra. Sono gli effetti della perquisizione degli agenti della Digos che lunedì hanno portato via Redouane Sakher, cittadino algerino di 40 anni con precedenti per spaccio di droga, espulso dall’Italia con l’accusa di essere un pericoloso estremista islamico.

In casa c’è sua moglie, Michela Lotta, 39 anni, originaria di Bergamo. Sta mangiando frettolosamente un pezzo di pizza che le aveva cucinato lui qualche giorno fa. Seduta a un tavolo disordinato, Michela, vestita con gli abiti del lavoro (è dipendente di una ditta di gomme, a Seriate), non riesce a capacitarsi di quanto è avvenuto. Soprattutto della pesante accusa nei confronti di Sakher: «Mio marito un terrorista vicino all’Isis? Ma stiamo scherzando: non è capace di ammazzare nemmeno una mosca. La polizia ha preso un grosso abbaglio, si stanno sbagliando, non c’entra nulla, è tutto un grosso equivoco. È vero che io al mattino sono al lavoro, e lui stava qui a casa (il marito non aveva una occupazione fissa, ndr) ma che cosa facesse, mi sfugge. Magari ne approfittava per sentirsi con qualcuno, o incontrare qualcuno, questo non lo so, ma ciò non vuol dire che sia automaticamente un terrorista. Per quanto riguarda la storia della sim intestata a un nordafricano, io non ne so nulla. Lui aveva tre cellulari: uno lo utilizzava per chiamare i suoi in Algeria, l’altro per chiamare me da lì, e un terzo che non proprio non so...». Ma i poliziotti, durante la perquisizione, hanno portato via tutto, anche il pc.

Michela e Redouane si sono conosciuti una quindicina di anni fa a Alzano Lombardo. «Eravamo a casa del mio ex. C’era tanta gente, anche lui. Alla fine della serata siamo andati via assieme. E da lì è iniziata la nostra storia. Io ho avuto tanti amori, ma Sahk è l’unico che mi fa star bene. Quando ci siamo sposati? Una decina di anni fa al comune di Casazza». Michela e Redouane hanno abitato prima a Cassinone e ora nel condominio di via degli Alpini. «Lui non mi ha mai imposto nulla, nemmeno di indossare il velo. E a proprosito della mia conversione, è stata una libera scelta. Per la preghiera del venerdì, frequentavamo la moschea di Curno, ma ad un certo punto Sakher ha deciso di non andarci più. Non solo, gli dava fastidio frequentare arabi».

Settimana scorsa Redouane era stato in Algeria a trovare i suoi. Poi il giorno del ritorno all’aeroporto era stato fermato dalla polizia. «Lo hanno perquisito da cima a fondo. - racconta ancora la donna - Gli hanno aperto la valigia perchè i cani avevano annusato qualcosa, forse droga, ma non hanno trovato nulla. E alla fine hanno sequestrato un foglio che è una preghiera, tutto qui. Torno a ripetere: mio marito non è un terrorista».