GIULIO MOLA
Sport

Piero Volpi, il Dottor Scudetto. L’importanza della medicina in una grande vittoria sportiva : "Tutti artefici di questo trionfo"

Il dottor Piero Volpi, medico e ex calciatore, è il discreto protagonista di successi dell'Inter. Con esperienza e passione, contribuisce alla salute e alla performance dei giocatori, sottolineando l'importanza del team medico nella conquista dei trofei.

Piero Volpi, il Dottor Scudetto. L’importanza della medicina in una grande vittoria sportiva : "Tutti artefici di questo trionfo"

Piero Volpi, il Dottor Scudetto. L’importanza della medicina in una grande vittoria sportiva : "Tutti artefici di questo trionfo"

Un protagonista del calcio italiano, prima da calciatore e poi medico. Sotto il camice di Piero Volpi, 72 anni il prossimo 9 giugno e 57 vissuti con un pallone a portata di mano, batte un grande cuore nerazzurro. Lo storico responsabile dello staff sanitario dei campioni d’Italia non ama la ribalta dei riflettori ma il suo lavoro e la sua professionalità sono sotto gli occhi di tutti. È lui uno dei protagonisti silenziosi della Seconda Stella. Dall’Istituto Clinico Humanitas (dove è Responsabile del reparto del ginocchio e traumatologia dello Sport) alla Pinetina, e poi ancora nello studio in pieno centro a Milano per ricevere pazienti. Sempre al servizio degli altri.

Se la chiamo Dottor Scudetto magari esagero?

"Mi sembra eccessivo, però mi sento come tutti uno degli artefici perché la medicina applicata al calcio è estremamente importante. Poi in campo vanno i giocatori".

In percentuale quanto c’è del lavoro di uno staff medico nella conquista di un tricolore?

"Oggi è fondamentale il lavoro di un team. E investire in questo settore, come fa ora l’Inter, dà un ritorno nei risultati. Però se vuole le racconto un aneddoto...".

Dica pure...

"Quando Spalletti era all’Inter disse che il ruolo di un medico era importantissimo, e che poteva valere 6-7 punti. Non sono pochi direi..."

Mi permetto, oggi anche di più considerato che in questa Inter i titolarissimi hanno giocato quasi sempre. Quindi si sono allenati bene e dal punto di vista medico sono stati seguiti con grande scrupolo...

"Sì, forse quest’anno il “contributo“ è stato più di 6-7 punti... Abbiamo messo in pratica tutto cio che la medicina ci concede come conoscenze, molto importante poi è stata la prevenzione che ha limitato il numero di infortuni".

Invece le vostre rivali hanno avuto l’infermeria piena...

"Credo che il livello dei team medici in serie A sia molto elevato, siamo i migliori in Europa nel rapporto infortuni-calendari. Oggi c’è bisogno di essere attenti, hai poco tempo per allenarti e più possibilità di farti male. Dobbiamo adattarci a questo nuovo sistema del calcio, prima era meno pressante. Anche per questo decisi di “spingere“ per le cinque sostituzioni, che poi sono state approvate".

Un calciatore dell’Inter che l’ha sorpreso...

"Mkhitaryan, esempio di longevità fisico-tecnica in un professionista esemplare. Ma come lui ce ne sono tanti altri: riposo, nutrizionistica, rispetto delle regole. La vittoria è sempre frutto di una cultura sportiva appropriata"

All’Inter arrivò da medico nel 1995 e poi è ritornato nel 2014...

"In tutto sedici anni, cinque con Moratti e undici dopo la sua presidenza. E’ cambiato tanto nel frattempo: ventinove anni fa ero da solo con due massaggiatori, più l’allenatore e il preparatore. Oggi guido uno staff intero che mi aiuta a non tralasciare nulla, dal nutrizionista alla psicologa".

Da Moratti a Marotta... Che stagioni sono state?

"Bellissime, con dirigenti straordinari di enorme spessore umano e professionale come Ausilio. Al medico non tocca stare in vetrina, ma dietro le quinte. Con l’autorevolezza di chi deve essere rispettato. E io mi sono sempre sentito rispettato. Con tutti gli allenatori che ho avuto e con la società. Ho un eccellente staff, il nostro lavoro è apprezzato e i risultati si sono visti. Siamo attrezzati per fare cose importanti, gestire tutte le situazioni"

Fin qui il Piero Volpi medico. Poi c’è l’ex calciatore, quello che ha iniziato proprio con Marotta...

"L’ho conosciuto quand’era nelle giovanili del Varese, era più piccolo di me. Dopo tanti anni ci siamo ritrovati all’Inter: una figura importantissima nella crescita del club. Ha una grande qualità, quella di aver fatto strada cominciando dalle basi. Ora è ai vertici, ha delle cognizioni che appartengono a pochi e per me è il miglior dirigente del calcio italiano".

Anche per lei il Varese è stato un punto di partenza...

"Avevo 15 anni, i miei genitori dicevano: “Va bene, ma non devi lasciare lo studio“. Un grande insegnamento che cerco di trasmettere oggi ai giovani. La vittoria è sacrificio, non ottieni nulla per grazia ricevuta. Ricordo quando uscito da scuola andavo a Varese e mangiavo un panino prima di allenarmi. Quella Primavera era fortissima, 6 su 11 arrivarono in serie A: con me Gentile, Massimelli, Calloni, Della Corna e Penzo... Un vivaio fortissimo e Liedholm allenatore. Primo esempio di Polisportiva italiana guidata da Giovanni e Guido Borghi, fra calcio, basket e ciclismo".

Quello fu il trampolino di lancio...

"Poi sono arrivate grandi soddisfazioni, con Lecco, Ternana e Como. Forse mai in grandi squadre ma di sicuro una carriera valida, passando dalla C alla A".

Fino al debutto nella massima serie, il 14 settembre 1980 contro la Roma di Falcao, Conti e Ancelotti...

"Era il primo anno di riapertura degli stranieri. Il nostro era il Como degli italiani, non ingaggiammo un solo straniero. Perdemmo 1-0, ma ci salvammo all’ultima giornata. Però che bello rivedere il Como in serie A, spero davvero il prossimo anno di andare in panchina da medico ed ex giocatore. Una cosa rara...".

Lei era un difensore vecchio stampo...

"Giocavo da “libero“, oggi ruolo un po’ sparito. Di questi tempi mi vedrei bene come centrale alla De Vrij. Anche se il mio “modello“ resta Scirea, per il modo di concepire il calcio, per la riservatezza e la concretezza".

Di nuovo dal campo all’infermeria. Delle sue stagioni interista ricordiamo tre storie particolari: Kanu, Ronaldo ed Eriksen.

"Situazioni difficili viste le gravi patologie. Kanu fu un miracolo della medicina sportiva, nel 96-97 fu sottoposto ad intervento chirurgico al cuore che gli consentì di tornare a giocare, una cosa impensabile. Quello di Ronaldo invecefu un caso molto sofferto, avevamo il più grande giocatore al mondo, però soffriva al tendine rotuleo che si ruppe. La moderna chirurgia avrebbe consentito recuperi più rapidi. Eriksen ha sfruttato tutta la tecnologia moderna, anche il soccorso. Grazie a questo è tornato in campo, purtroppo non in Italia dove le leggi sono più restrittive"

C’è un calciatore nerazzurro che per lei è stato l’immagine della salute o del coraggio?

"Chi avrebbe giocato anche con una tibia rotta era Simeone. La carriera da allenatore non mi stupisce. Se parliamo di “disponibilità“, invece, dico Roberto Baggio. Ha avuto gravi infortuni da giovane, non so come abbia potuto scendere in campo con quelle ginocchia fino a 36 anni vincendo anche il Pallone d’Oro".

C’è qualcosa imparata sul campo che lei porta nel suo studio o in sala operatoria?

"Il calcio è formativo, ti dà ordine e disciplina. E tutto questo aiuta nella mia professione perché sai come affrontare gli ostacoli. Quando vinci il campionato si ricorda la festa, ma è un lungo percorso di soddisfazione. La vittoria sportiva regala emozioni uniche, capisco la gioia dei nostri giocatori".

Tre momenti bellissimi della sua carriera?

"Tanti. Ricordo la vittoria dell’anglo italiano con il Lecco, la promozione in serie B nel campionato italiano, e poi gli scudetti con Conte e Inzaghi, come la prima coppa Uefa di Moratti a Parigi. Eventi che mi hanno dato una gioia enorme".

A proposito di Conte e Inzaghi...

"Due grandi professionisti, li accomuna la grande capacità di gestire il gruppo. E se sai come gestire gli uomini hai già in mano una buona parte di vittoria".

Il suo rapporto con Steven Zhang?

"Splendido. Mi ha sempre agevolato, ho sentito di continuo la sua fiducia. Un ottimo presidente e merita ciò che il club sta ottenendo".

Il sogno della Proprietà, e immagino il suo, è la Champions League a questo punto...

"Purtroppo è una coppa che alzano in pochi e, come dice Marotta, “non sempre vince la migliore“. Ma devono esserci situazioni favorevoli e serve fortuna, però ci proveremo".

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