Storie, cuore, radici ma sempre innovando Splende Il Sole a Maleo

Mario e Francesca sulle orme di papà Franco: un’idea “democratica“ del buon cibo nella Bassa

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Storia lunga e impegnativa. Straordinaria. Da sembrare anche un po’ ingombrante a chi la deve gestire. Vero, eccome alla locanda "Il Sole" di Maleo. Perché papà e mamma, Franco Colombani e Silvana, che l’avevano avviata negli anni ’60, in fondo non se ne sono mai andati e il loro ricordo è e resta vivissimo in questo grazioso centro del Lodigiano che si specchia sulla riva destra dell’Adda e si diverte a fare chiacchiericcio con la vicina Pizzighettone che sta sulla sponda opposta, la cremonese. Del resto, la memoria non è un prodotto di stagione. Nemmeno una moda transitoria ed effimera. Tutt’altro. Nel mitico ristorante ricavato in una corte lombarda dall’anagrafe secolare, è uno stato della mente che si fa beffe del tempo che passa. Merito anche loro, certo, di Mario e Francesca, fratelli esemplari, ancorché diversi: più timido e riservato lui, più visionaria Francesca, con quel twist femminile che diventa formula magica per fare della tradizione tanto amata dai genitori che non ci sono più una risorsa dagli accenti perfino contemporanei. E allora anche la cucina diventa un gioco di rimandi, perché al "Sole" molti piatti hanno l’imprinting di papà Franco, l’oste illuminato che nel 1980 fondò la mitica associazione “Linea Italia in cucina“ assieme ad amici ristoratori del calibro di Antonio e Nadia Santini (Il Pescatore di Canneto sull’Oglio), per difendere il patrimonio culinario del Belpaese dalle derive alienanti della Nouvelle Cuisine. Un grande: aveva finito per proporre il suo leggendario “minestrone alla lombarda“ e il suo “stracotto di manzo“ a Gianni Brera e a Luigi Veronelli, a Gianni Mura, a Massimo Moratti, a Robert de Niro e ai tanti vip e gourmet che dimenticavano le lusinghe di Milano per star bene in quel simpatico paesino, giù nella Bassa, a pochi chilometri da Codogno.

Storia. Storie. E ricette che resistono, ancor oggi nel menù: paté d’anatra con pane al latte fatto in casa, zuppa di cipolle che evoca ambienti domestici in salsa padana, il “galletto alla diavola“ che non esce dal menù dal ’91 e “Sabbiosa con la crema al mascarpone“ che da sola vale il viaggio. La location aiuta, con quell’atmosfera da "retrovisore" che crea suggestioni: mobili antichi, quadri d’epoca, pentolame in rame, mattoni a vista, e quel tavolone da 12 posti - oggi lo chiamerebbero “social table“ - dove il signor Franco amava mettere insieme il signorotto e lo scalpellino, la star e il contadino, perché davanti al buon cibo – ripeteva – tutti avevano gli stessi diritti. Se è per quello, aveva e ha ancora ha la sua parte anche l’acetaia di famiglia, con quel "balsamico" che tutti legano alla vicina Modena ma che pure qui ha un’indiscussa nobiltà. Eredità pesante e complessa. Francesca annuisce ed è comprensibile in un ristorante che ha conosciuto anni di gloria ma anche momenti di dolore. Tant’è. Quel che si ascolta tra le vecchie pareti de “Il Sole di Maleo“ è più della semplice resilienza: è un inno alla vita. L’atto d’amore dei fratelli Colombani per papà e mamma che diventa missione: seguirne le orme. E aggiungerne delle altre. Paolo Galliani