Omicidio Megna, i testimoni in aula: "Il coltello non l’abbiamo visto"

L'uomo è stato ucciso lo scorso giugno davanti a un bar di via Marx. L'imputato è Calogero Diana. Stizzita la reazione in aula del pm: "Avete tutti girato la faccia?"

I carabinieri sul luogo del delitto

I carabinieri sul luogo del delitto

Sesto San Giovanni (Milano), 5 marzo 2019 - "E' possibile che eravate 50 persone nel bar e tutti avete girato la faccia quando c’era da vedere qualcosa?". È questo il commento stizzito del pm monzese Alessandro Pepè davanti alla schiera di testimoni oculari chiamati ieri a fare luce sulla morte di Federico Megna, il 48enne sestese accoltellato all’addome lo scorso giugno durante una rissa davanti a un bar in via Marx a Sesto San Giovanni. Durante l’aggressione era stato colpito da un fendente alla schiena e uno alla coscia anche un 38enne, presente insieme al fratello di 41 anni.

Imputato di omicidio volontario e lesioni personali aggravati al processo in corso davanti alla Corte di Assise di Monza, Calogero Diana, 58enne titolare di una ditta di autodemolizioni a Sesto San Giovanni, ancora detenuto in carcere per questa vicenda. Davanti ai giudici sono sfilati i clienti dei due bar, uno accanto all’altro, davanti a cui si è consumata la rissa. Per prima un’algerina di 47 anni, che è stata accompagnata in aula dalla polizia perché non si era presentata volontariamente alla scorsa udienza. "La sera prima i due fratelli avevano litigato con Lillo (questo il nomignolo di Calogero Diana, ndr) perché lui aveva detto che uno dei due teneva le braccia dietro la schiena come fanno gli sbirri e si era preso una testata in faccia - ha raccontato la donna -. Il pomeriggio dopo i due fratelli erano con Federico e li ho visti fuori dal bar che litigavano e si dicevano le parolacce. Poi si sono spintonati e picchiati e ho notato che Federico si teneva la pancia ed era sporco di sangue. Ma il coltello non l’ho visto". La stessa ricostruzione fatta da un egiziano di 48 anni. "Li ho visti a terra che si picchiavano, ho visto Lillo che dava dei colpi e pensavo che fossero pugni, ma quando Federico si è rialzato aveva la maglietta piena di sangue e diceva “sono stato accoltellato”. Ma io non ho visto il coltello e chi ce l’aveva".

Dal canto suo, l’imputato sostiene di avere agito per legittima difesa perché era la vittima a impugnare la lama e lui è riuscito a disarmarla e a difendersi. Secondo il medico legale nominato dalla difesa di Calogero Diana, il titolare della ditta di autodemolizioni presentava escoriazioni plurime e un taglio al gomito sinistro, compatibili con l’ipotesi che la vittima avesse aggredito l’imputato brandendo il coltello. Una ricostruzione che non ha potuto escludere neanche il medico legale nominato dalla Procura, che ha evidenziato la direzione dei fendenti dall’alto verso il basso. Si torna in aula l’11 marzo.