Coronavirus, l'impresario funebre: "Rischiamo come i medici. Eppure veniamo ignorati"

Impresario funebre ai tempi del Covid: tanto lavoro, pochissimi guadagni. Il racconto di Paolo Vino: "Vivo lontano da tutti, qualche collega ci ha lasciato"

Paolo Vino, titolare della storica impresa di onoranze funebri di Sesto San Giovanni

Paolo Vino, titolare della storica impresa di onoranze funebri di Sesto San Giovanni

Sesto San Giovanni (Milano), 23 aprile 2020 - «Siamo ignorati da tutti, eppure siamo i più esposti con i medici. Si lavora senza sosta, con grandi difficoltà". A raccontarlo è Paolo Vino, titolare della storica impresa di onoranze funebri, tra le più grandi del Nord Milano.

Com’è diventata la sua professione ? "È stata stravolta, a partire dal fatto non si celebrano più le funzioni ma, dove si può, c’è solo una benedizione al cimitero. Il nostro lavoro è cambiato e continua a cambiare. Il dato più grave sono le indicazioni assenti o, peggio, contrastanti". Ad esempio? "A inizio emergenza dicevano che le mascherine servivano solo a chi pensava di essere positivo e che sui defunti il virus non era più attivo. Ora dicono il contrario. A noi impresari dicono di alzare più difese e i morti da oggi vanno in chiusura stagna, proprio per evitare rischi di possibile contagio". Come si lavora con gli enti pubblici? "I Comuni sono blindati. Cinisello e Monza sono eccellenti nei loro servizi: invii i documenti e sono pronti in poche ore. E lo fai fisicamente con sportello operativo. A Sesto le pratiche sono tutte on line con burocrazia aggiuntiva, anche solo per la scansione della documentazione". Ha paura del contagio? "No, perché mentre lavoro sono molto scrupoloso e attento alle regole. Porto più mascherine e guanti, in alcuni punti indosso i copri calzari. Mi sono dotato subito di dispositivi, in ufficio li davo ai clienti e sulla scrivania ho montato il plexiglass. Tantissimi colleghi sono mancati, uno anche a Sesto. C’è chi vive e dorme in ufficio. Io vivo in esilio, da solo senza famiglia. Non vedo mia figlia da prima del 28 marzo. Non ho festeggiato il suo compleanno, la festa papà e non festeggerò neanche il mio il 9 maggio". Quanti dipendenti ha? "Quattro ma li ho lasciati a casa in ferie, non in cassa. Per responsabilità sociale, perché c’è chi ha il mutuo, l’affitto. E per organizzazione: dovesse succedermi qualcosa, possono sostituirmi. Per ora sto facendo tutto da solo. È dura perché in 3 mesi ho fatto il lavoro di 6. Tutti pensano che stiamo facendo alti guadagni". Invece? "Se su un funerale il guadagno era il 30%, ora è l’8%. Si va quasi solo in recupero spese. Stiamo perdendo il nostro lavoro, le funzioni, e facciamo solo burocrazia. Non vendiamo fiori, manifesti, santini, quello che dava marginalità". Come è cambiato il rapporto con le famiglie? "Si sta tanto al telefono. In questo momento siamo importanti, un punto di riferimento. Mi sono occupato del padre di un figlio disabile che ha la sorella in Germania. Di coppie anziane che muoiono insieme o a pochi giorni di distanza".