"Venite da noi a sciare...". No, grazie

La Svizzera fa la Svizzera, non c’è da stupirsi

Milano, 29 novembre 2020

LETTERA 

Versanti della stessa montagna: su uno si scia, sull’altro no. Sono le incongruenze e la dimostrazione di come non ci sia un fronte davvero comune nell’affrontare il problema del Covid. Dalla Svizzera, ma magari si aggiungeranno altri, l’ennesima dimostrazione di banale utilitarismo. Maria C., Varese

RISPOSTA

La Svizzera fa la Svizzera, non c’è da stupirsi. Sono cresciuto e ho lavorato a Como e mi ha sempre fatto sorridere l’idea che in via Bellinzona bastava un semplice guasto ai freni dell’auto per “invadere” un territorio straniero. Giusto per dire quanto sia labile il confine. Negli anni Novanta si fantasticava anche di una Regio Insubrica che di fatto triangolava tra Canton Ticino, provincia di Varese e Comasco. Eppure si continuava a litigare sui frontalieri, sui ristorni, su pilastri e accordi bilaterali. Sempre una fatica, con un sottile velo di discriminazione mai venuto meno. E questo senza scomodare Cantoni di lingua tedesca (i Grigioni furono cacciati via dalla Valtellina...) e francese o la connivenza in certi reati. Come scordare i Fiscovelox del ministro Tremonti? Ridurre la questione a un problema di concorrenza sciistica è banale, perché se il nostro amor di patria è così elevato da sentirci offesi basterebbe rispondere all’invito con un “No, grazie, non veniamo a sciare da voi”. Del resto ogni consumatore-turista che, si spera, ragioni ancora, sarà ben libero di scegliere. Il problema è semmai europeo, è l’ennesimo segnale di un rapporto che va ridefinito su tutto.

mail: ivano.costa@ilgiorno.net