Papa Francesco in Iraq: "Tacciano le armi"

Il 33esimo viaggio apostolico di Bergoglio in una Bagdad blindata

Papa Francesco con il presidente iracheno Barham Saleh

Papa Francesco con il presidente iracheno Barham Saleh

Bagdad -  "Sono felice di riprendere a viaggiare, e questo simbolico viaggio è anche un dovere nei confronti di una terra che è stata martirizzata per anni". Papa Francesco è arrivato poco fa a Bagdad, in Iraq, per una storica visita che assume un significato particolare alla luce del momento che tutto il mondo sta vivendo. Un momento sottolineato dallo stesso pontefice ai giornalisti che lo accompagnavano sul volo per Badgad, in qualche modo volendo rassicurare ui timori di una visita che avviene durante la pandemia di Covid-19 e nonostante gli ultimi attacchi missilistici contro le basi della coalizione internazionale. 

Il programma

Per Papa Francesco si tratta del 33esimo viaggio apostolico, rimarrà fino a lunedì. Come riferisce il portale di informazione Vatican News, il Pontefice ha lasciato l'aeroporto internazionale di Fiumicino, diretto a Baghdad, alle 7.45. Circa quattro e mezzo le ore di volo. All'arrivo è stato accolto dalle note dell'Inno alla Gioia di Beethoven, eseguito da una banda delle forze armate irachene. Bergolgio, che indossava la mascherina, si è tolto la papalina prima di scendere dalla scaletta dell'aereo.

Poi gli incontri: il primo è quello con il primo ministro dell'Iraq, Mustafa Abdellatif Mshatat, conosciuto come Al-Kadhimi, nella sala Vip dell'aeroporto della capitale. Il secondo appuntamento, al palazzo presidenziale, è stato con il capo dello Stato Barham Ahmed Salih Qassim. Subito dopo, quando in Italia saranno le 14.15 circa, il trasferimento in auto sempre a Baghdad, alla cattedrale siro-cattolica di Nostra Signora della salvezza, per l'abbraccio con i vescovi, i sacerdoti, i religiosi, i seminaristi e i catechisti. Domani il Papa si sposterà invece nella città di Najaf per incontrare il Grande ayatollah Sayyid Ali Al-Sistani, capo della comunita' sciita.

Domenica Francesco si trasferirà a Erbil, nella regione settentrionale del Kurdistan, e ancora a Mosul, città che negli anni scorsi era stata occupata dal gruppo Stato islamico. A Qaraqosh Francesco incontrerà la comunità cristiana prima di tornare a Erbil, per una messa allo stadio. Lunedì il rientro a Roma.

Il discorso di Bergoglio

Durante la visita al palazzo presidenziale, papa Francesco ha pronunciato un discorso rivolto alle autorità civili e religiose. "Vengo come pellegrino - ha detto Bergoglio - per incoraggiare" la comunità cattolica irachena nella sua "testimonianza di fede, speranza e carità in mezzo alla società irachena". "Saluto i membri delle altre Chiese e Comunità ecclesiali cristiane, gli aderenti all'Islam e i rappresentanti di altre tradizioni religiose. Dio ci conceda di camminare insieme, come fratelli e sorelle, nella forte convinzione che i veri insegnamenti delle religioni invitano a restare ancorati ai valori della pace, della reciproca conoscenza, della fratellanza umana e della convivenza comune".

 "La mia visita avviene nel tempo in cui il mondo intero sta cercando di uscire dalla crisi della pandemia da Covid-19, che non ha solo colpito la salute di tante persone, ma ha anche provocato il deterioramento di condizioni sociali ed economiche già segnate da fragilità e instabilità. Questa crisi richiede sforzi comuni da parte di ciascuno per fare i tanti passi necessari, tra cui un'equa distribuzione dei vaccini per tutti. Ma non basta: questa crisi è soprattutto un appello a "ripensare i nostri stili di vita il senso della nostra esistenza. Si tratta di uscire da questo tempo di prova migliori di come eravamo prima; di costruire il futuro più su quanto ci unisce che su quanto ci divide", ha aggiunto.

Appello alla coesistenza tra religioni

"Negli scorsi decenni, l'Iraq ha patito i disastri delle guerre, il flagello del terrorismo e conflitti settari spesso basati su un fondamentalismo che non può accettare la pacifica coesistenza di vari gruppi etnici e religiosi, di idee e culture diverse. Tutto ciò ha portato morte, distruzione, macerie tuttora visibili, e non solo a livello materiale: i danni sono ancora più profondi se si pensa alle ferite dei cuori di tante persone e comunità, che avranno bisogno di anni per guarire. E qui, tra i tanti che hanno sofferto, non posso non ricordare gli yazidi, vittime innocenti di insensata e disumana barbarie, perseguitati e uccisi a motivo della loro appartenenza religiosa, e la cui stessa identità e sopravvivenza è stata messa a rischio".

"Solo se riusciamo a guardarci tra noi, con le nostre differenze, come membri della stessa famiglia umana, possiamo avviare un effettivo processo di ricostruzione e lasciare alle future generazioni un mondo migliore, più giusto e più umano. A questo riguardo, la diversità religiosa, culturale ed etnica, che ha caratterizzato la società irachena per millenni, è una preziosa risorsa a cui attingere, non un ostacolo da eliminare. Oggi l'Iraq è chiamato a mostrare a tutti, specialmente in Medio Oriente, che le differenze, anziché dar luogo a conflitti, devono cooperare in armonia nella vita civile".

"Tacciano le armi! Basta violenze, estremismi, fazioni e intolleranze. Le differenze, invece di dar luogo a conflitti, cooperino in armonia nella vita civile". Nella promozione della pace, secondo Papa Francesco, "la comunita' internazionale ha un ruolo decisivo", in Iraq e in tutto il Medio Oriente, anche nella vicina Siria, "per un conflitto che in questi giorni compie ben 10 anni". Serve quindi "una cooperazione su scala globale" per affrontare anche le "disuguaglianze economiche e le tensioni regionali" che mettono a rischio la stabilità dei Paesi. "Stiamo curando le nostre ferite, ed ecco Lei, Santo Padre, le medica con noi", ha detto il presidente della Repubblica Barham Ahmed Salih Qassim. Il presidente iracheno ha lamentato che "soprattutto in Oriente", il mondo "sta perdendo l'attitudine al pluralismo, alla diversita' e all'accettazione dell'opinione dell'altro", e questo "alimenta il terrorismo e l'incitamento alla violenza".

Ingenti misure di sicurezza

La visita si svolge dopo che l'Iraq nelle ultime settimane ha registrato un'ondata di attacchi con missili e attentati suicidi, che hanno sollevato timori per la sua sicurezza. Il vescovo ausiliare Basilio Yaldo, coordinatore della visita del Pontefice, ha ricordato le difficoltà logistiche ed organizzative del viaggio: "10.000 tra militari e forze di polizia" dispiegati per la sicurezza, veicoli blindati per gli spostamenti e le limitazioni dovute alle norme anti-covid. Alla fine di gennaio, un duplice attentato suicida rivendicato dall'Isis ha fatto una strage in un gremito mercato di Baghdad; gli attacchi missilistici da parte delle milizie armate sostenute dall'Iran contro le posizioni statunitensi sono diventati più frequenti.

E solo tre giorni fa, alcuni razzi hanno colpito una base aerea che ospitava le truppe statunitensi. Anche l'epidemia Covid-19 non si ferma: lo scorso fine settimana, il nunzio apostolico a Baghdad, Mitja Leskovar, è risultato positivo. Le forze speciali del ministero dell'Interno e l'esercito istituiranno un cordone di sicurezza attorno al Papa ovunque vada, mentre l'aviazione opererà con droni 24 ore su 24. Molte strade della città sono state riasfaltate nelle ultime settimane, i marciapiedi verniciati di fresco e fiori sono stati piantati nelle aiuole attorno alle chiese che il Papa visiterà. 

Cartelloni e manifesti con il volto di Francesco sono affissi ovunque nelle strade e la comunita' cattolica irachena, 300 mila fedeli secondo il Vaticano (un quinto rispetto a prima del conflitto del 2003), e' in trepida attesa del primo, storico, viaggio di un Pontefice in Iraq. Sui giornali iracheni e in televisione si moltiplicano le voci concilianti di cittadini iracheni, non solo cattolici, che augurano benvenuto al Papa.

Preoccupa il cocoronavirus

Oltre alla sicurezza ciò che preoccupa è il coronavirus: l'Iraq ha registrato un picco di casi di covid-19, oltre 55.000 dal 18 febbraio, il che ha complicato ulteriormente i preparativi. Circa due settimane fa il governo iracheno ha vietato, per contenere i contagi, la maggior parte degli spostamenti tra le province e ha imposto un coprifuoco a livello nazionale dalle 20:00 alle 5:00 nei giorni feriali e per 24 ore al giorno dal venerdì alla domenica. Restrizioni che, tuttavia, potrebbero anche avere agevolato l'organizzazione della sicurezza.