Abbattuti due elicotteri sopra Lubiana: 30 anni fa cominciava la guerra in Jugoslavia

Il 25 giugno 1991 la Slovenia dichiara la propria indipendenza e due giorni più tardi apre il fuoco contro l'Esercito federale

Carro armato jugoslavo attaccato dagli sloveni a una barricata

Carro armato jugoslavo attaccato dagli sloveni a una barricata

E' il pomeriggio del 27 giugno 1991 quando la Difesa territoriale slovena apre il fuoco sopra Lubiana contro due elicotteri dell'Armata popolare jugoslava, abbattendoli e uccidendone gli occupanti. E' il primo atto ufficiale di guerra sul territorio europeo dal 1945, dalla fine del secondo conflitto mondiale. E' anche l'episodio che segna l'inizio delle Guerre dei Balcani, che nei quattro anni successivi insanguineranno quella che era la Repubblica socialista federale di Jugoslavia, che proprio sulle ceneri della Seconda guerra mondiale si era formata.

L'indipendenza slovena

La Slovenia aveva dichiarato l'indipendenza il 25 giugno, scatenando la reazione della Jugoslavia che aveva cominciato a mobilitare le truppe. Dopo alcune scaramucce, legate soprattutto al tentativo di ostacolare il passaggio dei carri armati federali sul territorio sloveno, con barricate anche improvvisate da parte della popolazione, quel pomeriggio la Repubblica secessionista volle dimostrare che faceva sul serio. Tra i militari a bordo degli elicottero, tra l'altro, c'era anche un ragazzo sloveno, perché l'Esercito jugoslavo attingeva ovviamente da tutta la Federazione.

La Guerra dei dieci giorni

La guerra d'indipendenza slovena durò poco – è nota anche come Guerra dei dieci giorni – e causò appena una settantina di morti, fra i quali 12 civili stranieri sorpresi dallo scoppio delle ostilità. Nulla, rispetto a quel che sarebbe accaduto dopo. In Bosnia-Erzegovina soprattutto, con l'assedio di Sarajevo e il massacro di Srebrenica; in Croazia, con il bombardamento delle città dalmate e il martirio di Vukovar, in Slavonia; ma anche in Krajina e nelle zone croate a maggioranza serba, dove la popolazione locale rimase esposta alle rappresaglie delle operazioni Lampo e Tempesta, condotte dalla forze croato-mussulmane con il supporto logistico degli Stati Uniti. La guerra in Slovenia fu molto più breve e fortunatamente molto meno cruenta, ma fu il primo passo verso il baratro in cui precipitò la Jugoslavia negli anni Novanta.

Il conflitto visto dall'Italia

In particolare, il conflitto si concentrò sul controllo dei posti di confine, quelli già esistenti e quelli creati (o meglio ripristinati) in occasione dell'indipendenza, tra Slovenia e Croazia. Quella guerra creò tra l'altro particolare preoccupazione in Italia. Tra i valichi contesi c'erano infatti anche quelli al confine con il Friuli-Venezia-Giulia, in particolare quelli di Rabuiese e Salcano, e i colpi di artiglieria risuonavano molto vicini. Mai, dalla fine del conflitto mondiale, si era sparato così in prossimità del territorio italiano. Quella che fino a pochi giorni prima era una rinomata meta turistica, con splendido mare a prezzi concorrenziali, si era improvvisamente trasformata in un teatro di guerra. E successe proprio in estate, quando già diversi italiani avevano raggiunto la Jugoslavia, ritrovandosi in mezzo a un conflitto armato.

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Inoltre, nell'accordo che pose fine alla Guerra dei dieci giorni, fu stabilito che l'Esercito federale avrebbe dovuto lasciare la Slovenia ma non era esattamente chiaro in quali modi e tempi. Tra le varie ipotesi spuntò anche quella di un passaggio via Trieste e la notizia provocò una sommossa, nella città che nel 1945 fu costretta a subire l'occupazione delle truppe jugoslave. Per scongiurare l'eventualità, si mosse l'allora presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, e l'esercito federale fu imbarcato a Capodistria. La guerra si allontanava così definitivamente dal confine italiano, ma presto sarebbe ripresa non molto distante, nelle altre repubbliche jugoslave. Con conseguenze ben più tragiche di quanto si era visto in quei dieci giorni d'inizio estate del 1991.