Chernobyl, 35 anni fa il disastro nucleare. Quel 26 aprile 1986 cambiò l'Europa

Finestre chiuse, niente latte fresco o verdure: le limitazioni in Italia

Chernobyl

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Il più grave incidente della storia  del nucleare civile e l'unico, insieme al disastro di Fukushima nel 2011, ad essere classificato con il settimo e massimo livello della scala di catastroficità. La notte del 26 aprile 1986 il mondo conobbe nel modo peggiore Chernobyl, città a circa 100 chilometri di distanza  da Kiev in Ucraina. A farlo conoscere fu un errore umano, un disastro provocato da un test di sicurezza sul reattore nucleare Rbmk numero 4 della centrale. Proprio quello che si è risvegliato in questi giorni. Un incidente che ebbe conseguenze pesanti subito e devastanti negli anni seguenti: centinaia di morti nell'immediato e milioni negli anni successivi. Tutto a causa della radioattività. All'inizio per conseguenze dirette, poi per le malattie insorte a causa degli effetti della radioattività.

I giorni più lunghi

Quella notte praticamente nessuno dei cittadini "comuni" dei Paesi d'Europa si accorse di nulla. Non esistevano i social network nè tantomeno i siti internet che potevano informare in tempo reale. Del disastro si parlò solo diverse ore dopo. Anche perché l'informazione era gestita dal Governo sovietico, il quale non aveva di certo interesse a sbandierare ai quattro venti il fatto che un errore umano aveva innescato un incendio e diverse fughe radioattive. E che proprio questo incidente era già stato, e sarebbe ancora stato, alla base della morte di moltissime persone. 

L'Europa paralizzata

"Non uscite di casa". Chi ha vissuto il disastro di Chernobyl del 1986 ha ritrovato nelle ombre della pandemia un'atmosfera tristemente famigliare. Anche all'epoca, ben prima del covid-19, erano state imposte delle limitazioni. Le maggiori ripercussioni si erano abbattute su Ucraina, Russia, Bielorussia, Svezia, Norvegia, Danimarca e Finlandia. Ma anche gli abitanti degli altri Stati europei avevano dovuto affrontare molti disagi. E rispettare regole che all'epoca erano state molto perentorie. Anche perché le conseguenze di un disastro nucleare del genere erano sotto gli occhi di tutti: lo spettro dell'insorgenza di tumori.

Le limitazioni in Italia

"Non bevete acqua piovana", "Non arieggiate troppo gli ambienti", "I bimbi non devono bere latte fresco, ma bisogna dare loro solo latte i polvere a lunga conservazione confezionato prima del 2 maggio", "Bisogna lavare accuratamente la frutta e non mangiare verdura fresca a foglia": queste sono alcune delle indicazioni che erano arrivate dal ministero della Sanità ai residenti in Italia. Lo stesso ministero il giorno dopo il disastro aveva proibito la vendita di verdure fresche a foglie larghe per quindici giorni e aveva vietato la somministrazione di latte fresco ai bambini di meno di dieci anni di età e alle donne incinte. Era stato inoltre imposto lo stop all'importazione di prodotti di origine animale e vegetale dell'Ucraina e dagli altri Paesi che facevano parte dell'Urss era necessario avere un'attestazione governativa di merce prodotta e confezionata prima del 20 aprile del 1986. Agli allevatori era stata data indicazione di nutrire il bestiame con foraggio secco.