Afghanistan, primo giorno del nuovo governo: il leader, le donne e il rischio terrorismo

Chi governerà il Paese? Come si comporteranno gli altri Paesi? Allarme terrorismo internazionale, anche per l'Italia

I talebani nel palazzo presidenziale con i fucili made in Usa (fermo immagine Al Jazeera)

I talebani nel palazzo presidenziale con i fucili made in Usa (fermo immagine Al Jazeera)

Kabul, 1 settembre  - Nel primo giorno di governo a guida talebana in Afghanistan, con  «senza alcun dubbio, sarà un governo islamico. Qualunque sia la combinazione, che sia islamico è garantito». Lo ha detto il portavoce Zabihullah Mujahid, in un'intervista alla Cgtn, canale in lingua inglese del network statale cinese Cctv. Mujahid ha aggiunto di sperare che le discussioni e le consultazioni sulla formazione dell'esecutivo portino a una buona conclusione.

Un governo stile Iran

Il governo che i Talebani stanno elaborando per l'Afghanistan ha come modello quello della Repubblica islamica dell'Iran. Lo riferisce la Cnn citando proprie fonti, secondo le quali Hibatullah Akhundzada sarà riconosciuto come il leader supremo dell'Afghanistan. Autorità religiosa alla quale viene riconosciuta la più alta carica del Paese, Akhundzada avrà quindi il potere di decidere la linea politica, annullare le leggi e anche rimuovere il presidente. Al leader supremo viene riconosciuta l'ultima parola su tutte le questioni di stato. Akhundzada, che ha guidato i Talebani dal 2016, lavorerà principalmente da Kandahar.  "Il leader supremo dei Talebani Hibatullah Akhundzada, che non ha mai fatto un'apparizione pubblica e la cui ubicazione è rimasta in gran parte sconosciuta, sarà molto probabilmente il leader supremo, che presiederà un Consiglio supremo", ha riferito la Cnn citando proprie fonti.

"Duro colpo per l'Occidente"

"La presa del potere da parte dei talebani in Afghanistan è, prima di tutto, una tragedia per gli afghani", ma anche "un duro colpo per l'Occidente" che deve "servire da campanello d'allarme per chiunque abbia a cuore l'Alleanza Atlantica". Questa la valutazione dell'Alto rappresentante Ue per la politica estera, Josep Borrell, in un intervento pubblicato sul New York Times. Europa e Usa »sono stati uniti come mai prima in Afghanistan", spiega Borrell, che sottolinea tuttavia come alla fine "i tempi e la natura del ritiro« siano stati definiti a Washington. "Noi europei ci siamo trovati — non solo per le evacuazioni dall'aeroporto di Kabul, ma anche più in generale — a dipendere dalle decisioni americane«, scrive l'Alto rappresentante. Gli eventi in  Afghanistan devono, tuttavia, servire ad "approfondire l'alleanza con l'America", prosegue Borrell, spiegando come »un'Ue strategicamente più autonoma e militarmente capace sarebbe in grado di affrontare meglio le sfide future nel vicinato europeo e oltre« e sarebbe anche »un vantaggio« per Usa e Nato. Un compito quanto mai »urgente«, secondo l'Alto rappresentante che esorta Ue e Usa a »riformulare il proprio impegno "in Afghanistan, non da ultimo dialogando con i talebani, e a "sostenere il popolo afghano, in particolare le minoranze, le donne e le ragazze". "Alcuni eventi catalizzano la storia: la debacle in Afghanistan è uno di questi - conclude Borrell -. Noi europei dobbiamo imparare la lezione".

Religione e condizione delle donne

"La vita per noi afghani ricomincia con una visione chiara del futuro: il governo dei talebani sarà molto religioso e vieterà tutte le attività delle donne, la musica, ogni tipo di forma artistica, mentre il lavoro della società civile sarà reso impossibile. Probabilmente ci aspetta una guerra interna". Abas vive a Kabul e da diversi anni lavora per un'associazione che si batte per i diritti di donne, minori e giovani, fornendo percorsi di sostegno legale e psicosociale per le vittime di violenza, nonché corsi di formazione e avvio al lavoro. L'agenzia Dire lo ha raggiunto telefonicamente, assicurandogli un nome di fantasia perché la sua professione e le sue dichiarazioni, spiega l'uomo, potrebbero essere "una ragione sufficiente" per costargli la vita, ora che i miliziani talebani hanno preso il controllo del Paese.

In Afghanistan infatti, le ultime ore sono state segnate da una differenza importante, dopo che alla mezzanotte e un minuto di ieri, 31 agosto, l'ultimo soldato americano ha lasciato il suolo afghano, dopo 20 anni di presenza militare nel Paese. "La gente è molto felice che gli americani se ne siano andati - afferma Abas - perché in questi vent'anni non ci hanno dato altro che guerra, attacchi e spargimento di sangue. Agli afghani l'occupazione non è piaciuta. Purtroppo però - continua l'attivista - siamo tutti preoccupati per il domani, perché è nella natura dei talebani uccidere e ostacolare la vita degli altri, soprattutto delle donne. Non hanno mai ottenuto il sostegno della popolazione ed è molto probabile che ci attenda una guerra civile tra fazioni, che spaccherà l'Afghanistan in tanti 'feudi'".

Biden

"Io credo che questa sia la decisione giusta, una decisione saggia e la migliore per l'America". Il presidente Usa Joe Biden ha difeso ancora una volta in un discorso alla nazione la sua decisione di ritirare le truppe americane dall'Afghanistan perché "la scelta - ha detto - era tra andarsene o fare un'altra guerra. E io non avevo alcuna intenzione di prolungare una guerra infinita".  Biden ha poi ribadito che le operazioni per portare via dall'Afghanistan 120mila persone, fra cui 4mila americani, sono state un successo.  "Nessuna nazione nella storia ha mai fatto niente di simile, solo gli Stati Uniti avevano la capacità e l'abilità di farlo e lo abbiamo fatto. Lo straordinario successo della missione è merito delle capacità e del coraggio dei nostri militari, diplomatici e dell'intelligence". Il presidente americano in questi giorni ha subito molte critiche soprattutto dai Repubblicani che ne hanno addirittura chiesto le dimissioni. Il consenso nei sui confronti è calato sensibilmente fra gli americani.

Rischio terrorismo internazionale

"Dobbiamo abituarci a interpretare il terrorismo internazionale come un rumore di fondo. Purtroppo avremo a che fare con questo rumore per molto tempo". In un`intervista esclusiva a Famiglia Cristiana, Franco Gabrielli, sottosegretario di Stato con delega all`Intelligence e alla Sicurezza della Repubblica, già capo della Polizia e della Protezione civile, commenta gli attentati di Kabul e la presa di potere del regime talebano in Afghanistan, analizzando la situazione del terrorismo mondiale.  "La minaccia terroristica, anche per il nostro Paese, seppure non necessariamente imminente, rimane immanente, una minaccia permanente insita nelle nostre democrazie, quasi come un virus", spiega "Ma non significa che dobbiamo rassegnarci a chiuderci in casa e vivere di paura. Dobbiamo continuare ad affermare i nostri valori di libertà e di democrazia, altrimenti è come se avessero vinto i terroristi. Anche la missione militare in Afghanistan ha fallito per le sue modalità, non certo per i suoi originari obiettivi", aggiunge.  Gli attentati "confermano che l`avvento al potere del regime talebano non stabilizzerà il Paese, anzi complicherà ancora di più la situazione. I dubbi se li stanno ponendo anche Russia e Cina, che hanno ai confini con questo travagliato Paese interessi primari e che temono infiltrazioni o contagi con i loro jhadisti, su tutti gli uiguri, i musulmani dello Xinjiang, eterna preoccupazione del governo di Pechino. Per russi e cinesi il tema della stabilizzazione dell`Afghanistan è assolutamente prioritario".

Il ruolo della Cina

La Cina spiega il proprio rapporto con l'Afghanistan rispolverando a una citazione del Grande Timoniere, Mao Zedong, che enfatizza i buoni rapporti con il Paese centro-asiatico definendolo "eroico" e "amico" della Cina. "L'Afghanistan e' un Paese eroico e non ha mai ceduto nella storia", ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Wang Wenbin, citando le parole dell'ex leader cinese. "La Cina e l'Afghanistan sono Paesi amici. La Cina non vuole danneggiare l'Afghanistan, e l'Afghanistan non vuole danneggiare la Cina. I due Paesi si sostengono a vicenda", ha concluso il portavoce.

L'Unione Europea

''Siamo rimasti molto delusi dalle conclusioni del Consiglio Affari interni di ieri. Abbiamo visto Paesi fuori dall'Unione europea farsi avanti per offrire accoglienza ai richiedenti asilo afghani, ma non abbiamo visto un solo Paese membro fare altrettanto. Tutti hanno giustamente pensato ai propri collaboratori e alle loro famiglie, ma nessuno ha avuto il coraggio di offrire rifugio a coloro che sono ancora oggi in pericolo di vita. Non possiamo fare finta che la questione afghana non ci riguardi, perché' abbiamo partecipato a quella missione condividendone gli obiettivi e le finalità''. Lo ha affermato il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, intervendo al Forum strategico di Bled.  ''Una voce europea forte e comune sulla scena internazionale è più che mai necessaria. L'Europa deve prendere il suo posto, far sentire la sua voce, definire i propri interessi strategici anche nel quadro dell'Alleanza Transatlantica, per poter svolgere un'azione di stabilizzazione, di pace e di sviluppo insieme ai nostri partner in un quadro multilaterale'', ha proseguito Sassoli.  ''Questo va di pari passo con la necessità di avanzare insieme verso una vera politica di sicurezza e di difesa comune, senza la quale rimarremo dipendenti dalla buona volontà delle grandi potenze e ci esporremo alle minacce dei regimi autoritari - ha aggiunto - Per questo dobbiamo anche fare un passo avanti ambizioso e prendere in considerazione il voto a maggioranza qualificata nel Consiglio ogni volta che sia possibile, per garantire la rapidità e l'efficacia della nostra azione esterna comune''.

Il ministro Guerini

Sicuramente ha funzionato l'attività di contrasto al terrorismo, per 20 anni l'Afghanistan non è stato più rifugio sicuro per i terroristi, quella che non ha funzionato è l'institution building ossia la costruzione di istituzioni realmente rappresentative della società afghana. Lì abbiamo fallito e questa credo che sia una lezione su cui dobbiamo riflettere sia in sede nazionale sia come Alleanza Atlantica che come Europa". Lo ha detto al Tg1 il ministro della Difesa Lorenzo Guerini nel giorno del rientro in Italia degli ultimi militari italiani dall'Afghanistan.