Basket, Simone Casali: dall'Olimpia all'Nba a caccia di talenti

L'ex dirigente dell'Olimpia Milano è ormai da 5 anni nel mondo del basket americano, ora fa lo scout per i Brooklyn Nets

Simone Casali

Simone Casali

Milano, 3 maggio 2020 - Arrivare fino al magico mondo del basket a stelle e strisce è il sogno di ogni ragazzino che si avvicina alla pallacanestro. Quelli che ci riescono sul campo sono davvero pochissimi, ma non è l'unico modo per farcela. Si può arrivare in NBA anche con un taccuino in mano e un biglietto aereo sempre pronto. E' la vita dello scout, quella che ha portato Simone Casali, classe 1983, per due anni agli Houston Rockets e ora, da un triennio, ai Brooklyn Nets, dopo un passato da dirigente di quell'Olimpia Milano che arrivò per l'ultima volta ai playoff di Eurolega nel 2014. “Mi occupo di tenere sotto controllo tutti i mercati al di fuori di quello americano - racconta Casali - scoutizzando sia giocatori in formazione, ma anche quelli ormai evoluti. La tecnologia ci aiuta ad essere sempre connessi, alterniamo molto la parte sul campo, viaggiando in ogni dove, che quella video. Ci sono giocatori che si esaltano in determinate situazioni, come altri che invece diminuiscono il proprio potenziale in relazione al contesto in cui si trovano".

Come si scova un talento? "In realtà ormai con i video si vede qualsiasi campionato, nell'ultimo decennio non bisogna più scoprire qualcuno che gli altri non conoscono. L'obiettivo allora diventa avere più informazioni possibili. Il talent scout che scopre il giocatore nel campetto di periferia non esiste più. Se c'è un ragazzino in Armenia viene fuori, poi è compito nostro capire se vale o no”.

Questa è la sua terza reincarnazione nel mondo del basket dopo aver fatto il coach nelle giovanili e il dirigente. Cosa si è portato dietro da queste esperienze? "Mi sono servite per vedere i giocatori da tante diverse angolazioni e fare valutazioni migliori. Aver fatto l'allenatore è utile la valutazione della persona, vedere le sue reazioni sul campo, ma anche come dirigente per capire cosa ha davvero bisogno il giocatore nella quotidianità. E poi uso anche la mia laurea in statistica per provare a valutare un giocatore non solo dai suoi dati base, è una piccola passione, perchè i dati sono inconfutabili. Però è bene riuscire a mettere insieme tutto, è un falso mito che i giocatori vengono scelti solo con le analytics".

Della sua esperienza con l'Olimpia Milano cosa ricorda? "Un periodo davvero speciale, vincemmo anche il tricolore, quello che conservo è un rapporto speciale con i giocatori, ancora adesso ci sentiamo spesso. Ad esempio, quando vado in Estonia, non manca mai una cena con Kangur, ma anche con Langford e Gentile mi sento spesso. Qualche tempo fa ho incontrato Shawn James, ora scout per gli Utah Jazz, lui non fece parte di una squadra vincente (quella del 2015, ndr), eppure ci siamo rivisti con grande piacere perchè i rapporti creati sono stati davvero buoni".

Il mondo NBA sembra distante anni luce da quello dei club europei. E' corretta questa sensazione? "Proprio così, il rapporto è di 10:1. In NBA si lavora davvero sul lungo periodo con archi temporali di 4 o 5 stagioni, nessuno prende un giocatore per vincere due gare in più. Nulla è lasciato al caso perchè dietro ogni decisione ci sono milioni di dollari e ognuna di queste può davvero cambiare la storia di una franchigia. Devo dire, però, che le squadre di Eurolega stanno molto crescendo da questo punto di vista".

Come funziona il processo di scelta di un giocatore? Quanto conta il suo ruolo in una franchigia NBA? "Tutti fanno parte per davvero della squadra, non si prende un giocatore solo per vincere due partite in più. C'è una grande collaborazione tra tutti gli uffici, solo per prendere un giocatore c'è il reparto scouting, quello analytics, quello economico e poi quello tecnico e infine tutto viene messo insieme dai GM che sono i decision maker”.

In NBA cosa si dice sulla possibile ripartenza? "Devo dire che sono tutti pronti. Nel momento in cui si troverà una strada si potrà ripartire, ma non si sa davvero se trovare la strada sarà possibile. Sappiamo quanto sia imprevedibile questa situazione così sconosciuta. Ad esempio dall'8 maggio alcune franchigie potranno tornare ad allenarsi, ma non tutte, noi di Brooklyn, ad esempio, saremo ancora in zona rossa e dovremo rimanere ancora fermi”.

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