Pioltello: "Il metodo di Manno? Mafioso"

Bomba di via Dante, il giudice spiega la condanna del figlio del boss

Roberto Manno

Roberto Manno

Pioltello (Milano), 14 febbraio 2019 - Non c'è dubbio che il metodo sia mafioso. Per il giudice Guido Salvini, che a dicembre lo condannò a cinque anni e due mesi di carcere, c’è la prova che Roberto Manno, appena 25 anni, abbia agito da giovane boss. Per rivalersi di un debito non saldato, mise una bomba carta davanti alla porta di casa del padre del suo creditore, danneggiando un’intera palazzina di via Dante.

Roberto è figlio di Francesco Manno – condannato nel processo “Infinito” a 9 anni come presunto capo della locale di ’ndrangheta a Pioltello – e nipote di Alessandro, pure lui con 15 anni di pena sulle spalle per le stesse accuse. Il giovane è accusato a sua volta di tentata estorsione, estorsione e usura: dopo il carcere dovrà scontare anche tre anni di libertà vigilata. Quanto all’aggravante del metodo mafioso, nelle motivazioni del suo verdetto di condanna appena depositate il giudice descrive la «condotta idonea ad esercitare sulle vittime quella particolare coartazione e quella conseguente intimidazione che sono proprie delle organizzazioni» mafiose.

Certo non è sufficiente la semplice parentela di Manno con persone già condannate per quello, ma per il giudice è evidente che la questione non fosse solo quella del debito non pagato. «Quella che deve essere riparata – scrive Salvini a proposito dell’azione di Manno – non è solo l’aspettativa economica ma l’ “affronto” portato a persone anche molto giovani ma che, per la loro appartenenza familiare, dovevano essere rispettate».

E che si tratti di metodo mafioso, per il giudice emerge anche dalla reazione della vittima dinanzi alle minacce del giovane boss. L’ordigno, secondo quanto emerso dall’inchiesta coordinata dal pm Paolo Storari, venne piazzato e fatto esplodere sul pianerottolo della palazzina per punire la famiglia ecuadoriana per un debito contratto a marzo dal figlio più grande, in difficoltà economiche a causa di un flop come impresario musicale: 20mila euro saliti a 32mila nel giro di pochi mesi. Dopo che il giovane, terrorizzato, era fuggito in Ecuador, fu il padre a diventare bersaglio delle minacce di Manno.

L'uomo, tornato in Italia insieme alla moglie per partecipare all’incidente probatorio davanti al gip Paolo Guidi, indicò in Roberto Manno l’autore dell’ultimatum lanciatogli poche ore prima dell’attentato: «Se non paga il figlio, paga il genitore. E vedrai quello che ti succederà lunedì». Scaduto a mezzanotte del 9 ottobre 2017 il termine fissato per la consegna del denaro, verso l’una e quaranta la devastante esplosione rese inagibile un intero palazzo.