Teva, sciopero a oltranza contro la chiusura

I manager israeliani hanno annunciato la dismissione dello stabilimento chimico e non vogliono cederlo alla concorrenza

Una protesta contro la chiusura della Teva

Una protesta contro la chiusura della Teva

di Daniele De Salvo

"Ci hanno rubato la dignità, quando torno a casa abbasso lo sguardo per non incrociare quello di mia moglie e dei mie figli perché mi vergogno che non riuscirò più a mantenerli". Eugenio Buonocore ha 53 anni, è un padre di famiglia di un bambino di 8 e di una ragazza di 20 anni ed è uno dei 109 dipendenti della farmaceutica Teva – Sicor di Bulciago dove lavora dal 1989 che nel giro di tre mesi rimarrà disoccupato, poiché i manager israeliani hanno annunciato la chiusura dello stabilimento chimico a ridosso della Sp 342 Briantea Como – Bergamo, dove si producono principi attivi per medicinali generici.

È stata una decisione a sorpresa: "Chi se lo aspettava? Fino a Pasqua abbiamo lavorato a ciclo continuo ininterrottamente 7 giorni su 7, domeniche e festivi compresi". I conti inoltre vanno bene, il 2020 si è chiuso con un utile di 29 milioni di euro per il gruppo in Italia e con la pandemia tutte le principali società farmaceutiche sono in crescita. "Eppure quando settimana scorsa siamo stati convocati dai dirigenti credendo si trattasse di una delle solite riunioni ci hanno comunicato la serrata – scuote la testa Claudio Fossati, 45 anni, più della metà dei quali trascorsi in Teva -. È stato come ricevere un pugno nello stomaco, di quelli che tolgono il fiato". Il verdetto sembra irrevocabile: entro aprile cesserà la produzione, fino ad ottobre si svolgeranno gli interventi di trasloco e di pulizia di cisterne e serbatoi, poi entro fine 2021 si procederà alla dismissione del sito, che diventerà una sorta di rottame da cannibalizzare per i pezzi di ricambio. Eugenio, Claudio e tutti gli altri però non ci stanno a subire senza lottare. Ieri è stato proclamato lo sciopero ad oltranza e contestualmente è stato allestito un presidio permanente. "Purtroppo non vogliono nemmeno vendere né affittare per non concedere ad altri eventuali concorrenti la possibilità di subentrare – spiega Nicola Cesana, segretario generale della Filctem Cgil Lecco -. Ciò impedirà di accedere alla cassa integrazione straordinaria e di guadagnare un ulteriore anno di ammortizzatori sociali".

Con i 109 dipendenti si sono schierati anche il sindaco Luca Cattaneo e il vice Antonino Filippone, preoccupati tra il resto per il completamento della bonifica della "terra dei fuochi" della Brianza. Lì sotto infatti sono stati riscontrate vecchie scorie tossiche che devono essere rimosse: "Ma una volta chiuso lo stabilimento chi se ne occuperà?", di domanda il primo cittadino.