VENTO IN POPPA PER IL PIL ITALIANO, A TRE CONDIZIONI

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CRESCERÀ DEL 5 O DEL 6%? Ecco l’interrogativo che si è fatto strada nelle ultime settimane tra gli economisti riguardo alla dinamica del Pil dell’Italia nel corso del 2021. Già, perché quest’anno l’economia del nostro Paese sembra viaggiare davvero con il vento in poppa, superando persino quella della locomotiva Germania. Secondo le ultime stime del Fondo Monetario Internazionale (Fmi), nel 2021 il prodotto interno lordo italiano dovrebbe infatti salire del 4,9%, cioè quasi un punto e mezzo in più rispetto a a quello tedesco (+3,6%). Il prossimo anno, sempre secondo l’Fmi, i tassi di crescita dei due paesi viaggeranno più o meno appaiati: +4,2% qui da noi e +4,1% in Germania.

Si tratta di un ritmo davvero sostenuto anche se ovviamente va precisato che siamo di fronte a un rimbalzo dopo la profonda recessione attraversata dal Pil nazionale nel 2020 (-8,9%), a causa della pandemia e dei ripetuti lockdown. A ben guardare, però, il dato più interessante emerso nelle ultime settimane è un altro. Nei primi due trimestri dell’anno, l’economia italiana ha mostrato una vitalità inattesa, tanto da spingere altri analisti a essere ben più ottimisti rispetto alle previsioni del Fondo Monetario. È il caso dell’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) che, nella sua nota congiunturale di agosto, ha stimato una possibile crescita del 5,8% su base annua, a meno che qualche problema legato alle varianti del Covid non giunga a rovinare la festa. Poi, nel 2022, dovrebbe esserci un rallentamento fino a un tasso di +4,2% anche se, a detta dell’Ubp, il Pil potrà continuare !a essere sospinto dalle misure finanziate con il bilancio pubblico e con i fondi europei del Recovery Plan. In particolare, gli analisti dell’Ufficio parlamentare di bilancio ritengono che il pieno ed efficace utilizzo delle risorse del piano Next Generation EU (messo in cantiere dall’Unione Europea per stimolare la ripresa, ndr) "potrebbe innalzare il Pil di circa due punti percentuali entro l’anno prossimo". Di conseguenza l’economia italiana può ritornare su valori prossimi a quelli registrati precedenti la pandemia nella prima metà del 2022.

Il quadro dell’Upb è dunque dichiaratamente più ottimistico rispetto alle stime degli altri analisti, soprattutto per una ragione: a differenza dei report dei maggiori organismi internazionali e di diversi enti di ricerca, l’Upb tiene conto anche dei dati del secondo trimestre 2021, durante il quale la crescita italiana è stata più alta del previsto (+2,7%), facendo ben sperare per la seconda parte dell’anno. Gli economisti dell’Ufficio parlamentare di bilancio hanno precisato tuttavia che, alla base di queste previsioni così rosee, vi sono alcune ipotesi di fondo. La prima è "che i contagi in atto non siano tale da richiedere rilevanti restrizioni", in quanto l’accelerazione della campagna vaccinale dovrebbe limitare i sovraccarichi sulle strutture ospedaliere. L’altra ipotesi di fondo è che l’Italia riesca a utilizzare completamente i fondi europei di cui dispone e riesca ad attuare pienamente gli interventi formulati nel Recovery Plan. Infine, il terzo assunto di base degli analisti dell’Upb è che in Europa non cessi la politica monetaria espansiva da parte della Banca Centrale. Il che significa tassi d’interessi inchiodati al minimo storico ancora per molto tempo, con un rialzo contenuto dei costi del debito pubblico e con "limitati rischi di liquidità e insolvenza per imprese e famiglie".

Questo scenario è ritenuto probabile anche da non pochi esponenti della comunità finanziaria. "Le banche centrali hanno probabilmente capito che una svolta dei tassi d’interesse veramente degna di questo nome è poco probabile", ha dichiarato nei giorni scorsi Bert Flossbach, co-fondatore della casa internazionale di gestione del risparmio Flossbach von Storch che ha aggiunto: "Il danno collaterale sarebbe semplicemente troppo grande. Un aumento significativo dei tassi d’interesse farebbe crollare i prezzi degli immobili, delle obbligazioni e delle azioni, metterebbe a rischio la solvibilità delle imprese e dei governi e infine scuoterebbe le fondamenta del sistema bancario. Nessun banchiere centrale vuole correre questo rischio – ha aggiunto Flossbach –, vogliono evitare un crollo dei mercati finanziari senza rischiare un calo della fiducia nel valore del denaro". Per non interrompere la fase di crescita economica, insomma, occorre che la Banca Centrale Europea (in linea con le altre autorità monetarie mondiali) continui a darci una mano. È pur vero che, indipendentemente dalle politiche monetarie, l’Azienda Italia sta mostrando da sola una notevole forza, per la ripresa sia dei consumi che delle esportazioni. La prova arriva dai dati sul fatturato dell’industria a giugno, diffusi la scorsa settimana, che evidenziano un balzo di ben il 5,2% nel secondo trimestre rispetto al trimestre precedente.