INVESTIMENTI PRIVATI E PNRR, LA STRADA DELLA RIPRESA PASSA DA QUI

Migration

LUCI, NON SENZA OMBRE. E una chiara indicazione che interpella gli imprenditori. È ambivalente il quadro che emerge dalle ultime previsioni sull’economia italiana. Il report più consolante è quello di Intesa e Prometeia, che indica per la nostra industria la capacità di recuperare, con un balzo del 12,1% a prezzi correnti e dell’8,4% al netto dell’inflazione, il fatturato pre Covid: +100 miliardi nel 2021 contro i -88 dell’anno scorso. E se tutto andrà come si pensa e spera, nel 2022 la nostra manifattura varcherà la fatidica soglia dei mille miliardi di ricavi complessivi. La seconda buona notizia viene dalle stime di primavera della Commissione Ue: nell’uscire dalla recessione – cosa scontata – dovremmo riuscire ad avere una velocità di reazione perfettamente in media con quella europea e per quest’anno perfino migliore di quella tedesca, tant’è vero che si è evocato il 4-3 di Italia- Germania fa visto che il Pil italiano dovrebbe segnare un +4,2% e quello tedesco un +3,5%.

Tuttavia, ci sono tre constatazioni meno buone da fare. La prima è che la crescita che dovremmo registrare tra quest’anno e il prossimo (8,6% sommati insieme) è comunque inferiore di una manciata di decimi di punto rispetto alla perdita di pil registrata nel drammatico 2020 e lontana quasi un punto dal pil del 2019. Questo significa che a fine 2022 la nostra ricchezza prodotta, in valore assoluto, risulterà ancora sotto di 16 miliardi rispetto ai livelli pre pandemia. La seconda che il +4,2% del 2021 e il +4,4% del 2022 stimati da Bruxelles sono incrementi comunque inferiori di sette decimi di punto complessivi rispetto agli obiettivi di crescita indicati dal governo. La terza, infine, è la peggiore: si allarga il distacco tra l’Italia e l’Europa: la recessione dell’anno scorso è stata di oltre un terzo maggiore di quella media dell’eurozona: –8,9% contro –6,6%. Il che significa che tutti gli altri paesi continentali a fine 2022 avranno più che recuperato la ricchezza perduta causa pandemia, noi no. E così, quando il Covid e le sue conseguenze economiche saranno archiviate, il gap strutturale accumulato fin dagli anni Novanta, risulterà aumentato. Si dirà: ma il Recovery è lì apposta a farci recuperare il terreno perduto. Vero. Ma non basta. Perché l’incidenza sul pil degli investimenti generati dal Pnrr è limitata.

Lo stesso governo italiano stima che l’incidenza a fine piano, cioè nel 2026, sarà di appena tre punti percentuali e mezzo aggiuntivi rispetto a quanto succederebbe all’economia se il Recovery non esistesse. E questo nonostante che siamo sia l’unico dei paesi europei rilevanti ad utilizzare non solo i sussidi, come tutti, ma anche i prestiti (122 miliardi sui circa 200 complessivi), che per quanto poco onerosi andranno comunque ad accrescere il già gigantesco stock di debito pubblico. Il quale nel 2020 e in questi primi mesi del 2021 è cresciuto di oltre 21 punti percentuali in più rispetto al 2019 (il doppio della Germania, 5 punti in più della media europea), arrivando al 160% del Pil. Un elemento che viene sottostimato, ma che potrebbe rivelarsi presto un problema visto che dagli Stati Uniti spira un gelido vento inflazionistico, di cui avevamo perso memoria, e che è misurabile negli aumenti pirotecnici dei prezzi delle materie prime, o nella loro assenza dal mercato come nel caso dei microchip. E una fiammata inflazionistica potrebbe indurre le banche centrali a rallentare, se non addirittura a invertire, la politica monetaria dei tassi zero.

Dunque, occorre evitare che si bagnino le polveri della fiducia nella ripresa. E per far questo serve che le imprese mettano mano al portafoglio e s’intestino un piano straordinario di investimenti aggiuntivi a quelli previsti dal Pnrr, facendo in modo che il tasso di crescita della ricchezza si confermi intorno al 4% (o che comunque non scenda sotto il 3%) almeno fino al 2026, quando gli investimenti previsti dal Pnrr dovranno essere completati. Certo, sono infinite le cose che non vanno. Tutto vero. Ma non deve essere un alibi. Tanto più ora che Draghi, forte della sua autorevolezza, può finalmente realizzare le riforme strutturali necessarie. Gli imprenditori devono crederci e investire su questo decisivo passaggio. Pnrr e investimenti privati, ecco la chiave della ripresa.

twitter @ecisnetto