Lo “stigma del cancro”: la battaglia per il diritto all’oblio oncologico

L’istituto europeo di oncologia (IEO) dedica la giornata contro i tumori al seno alla richiesta di tutele per le pazienti dopo la malattia

Riprendersi la vita e pretendere di essere trattati come chiunque altro. Questo il tema che ha segnato l’edizione 2022 della giornata dell’Istituto europeo di oncologia (IEO) per le donne, l'evento che unisce tutte le operate per tumori al seno. Un incontro arricchito da tanti contributi: dai video messaggi di sostegno e ammirazione inviati da Orietta Berti e Maria De Filippi all’intervento di Mara Maionchi e della showgirl Carolina Marconi, entrambe in passato operate per cancro alla mammella, senza mai perdere di vista il lato scientifico, ben rappresentato dall’equipe di senologia dello IEO.

Anche perché dal punto di vista medico, come ricorda il dottor Paolo Veronesi, direttore del programma di senologia dell'Istituto europeo di oncologia, i numeri sono importanti: "In Italia, circa 800mila donne hanno ricevuto una diagnosi di cancro al seno, e un’alta percentuale, oltre l’80 per cento, è clinicamente guarita dopo 5 anni".

Ma battere il cancro non è l'unica sfida per chi riceve la diagnosi: "Nonostante la guarigione, la società le considera pazienti oncologiche per sempre - continua Veronesi - e ciò le limita molto nelle loro possibilità. Se devono chiedere un mutuo in banca, o se vogliono adottare un figlio, la trafila è molto più complessa proprio perché portano la stigma della paziente oncologica".

Una stortura che rende ancora più evidente come in Italia medicina e legislazione viaggino a velocità diverse: se da un lato la ricerca fa passi da gigante, come dimostrano i dati sulle guarigioni, dall'altro le discussioni sull'oblio oncologico, ovvero il diritto di non dare informazioni sulla propria malattia, sono ancora indietro rispetto ad altri Paesi come Francia, Lussemburgo, Olanda, Belgio e Portogallo, dove esistono già delle leggi ad hoc.

"Abbiamo depositato da poco un progetto di legge e abbiamo avviato una raccolta firme per l'oblio oncologico, perché è importante che le persone guarite dal cancro possano anche essere considerate guarite socialmente e possano accedere a finanziamenti, mutui, all'assicurazione sulla vita e progettare la vita dopo il cancro" spiega Elisabetta Iannelli, avvocato civilista con esperienza nel diritto del lavoro, della previdenza sociale e dei diritti dei malati nonché ex paziente oncologica.

Un discorso, quello di tornare a vivere dopo la malattia, rimarcato dalle oltre mille donne che hanno riempito il teatro Manzoni di Milano per portare la loro testimonianza di lotta e di speranza: "Oggi sono vent'anni dalla prima diagnosi - racconta una paziente - e quando me l'hanno detto non riuscivo a crederci. Mi chiedevo: perché proprio a me? Dopo aver pianto tutte le mie lacrime, ho capito che la vita doveva andare avanti. Dopo due interventi al seno, avevo deciso di regalarmi un viaggio alle Bahamas per i miei quarant'anni. Alla fine quell'aereo non l'ho mai preso, perché poco prima di partire ho scoperto di essere rimasta incita, con grande sorpresa del mio ginecologo".

Il messaggio che emerge dalla sala del Manzoni è chiaro: dopo la malattia c'è vita, ma serve una legge che elimini ogni ulteriore ostacolo. Chi ha lotta per riconquistarsi la vita lo merita.