Abusi nello sport, poche denunce ma uno su sette ha subito molestie

Molti casi nascosti, record a Como e Varese. Telefono Azzurro: in quest’ ambito il 4% degli episodi fuori dal web

Violenza sul campo da calcio (Archivio)

Violenza sul campo da calcio (Archivio)

Milano, 26 aprile 2021  - Qualche motivo purtroppo c’è se sono pochi, pochissimi, i ragazzi che denunciano di aver subìto molestie sessuali in ambito sportivo: la vergogna prima di tutto. E le minacce alla propria carriera in secondo luogo. Ma gli abusi e le violenze sui minori nello sport sono una pericolosissima piaga, se è vero che un atleta su 7 ha subito molestie dal proprio allenatore. A galla vien poco, solo grazie alle denunce di “mamme coraggio” a tutela dei propri figli. Ma dietro c’è un sommerso enorme (che riguarda atlete e minori) avvolto dal silenzio per decenni. In Lombardia gravissimi episodi ci sono stati in tante discipline: nel calcio e nel volley prima di tutto, ma negli sport equestri (come raccontato nelle precedenti puntate), e poi nel ciclismo, nel nuoto, nella ginnastica, nelle arti marziali, nel rugby e pure nel football americano. Le province di Como, Varese, Brianza, Cremona, Bergamo e Brescia le più “colpite”, ma gravi episodi non sono mancati neppure a Milano e nel suo hinterland. Se ci si trova spesso in situazioni imbarazzanti è perché molti allenatori, pur condannati, continuano liberamente a lavorare in circoli, campi, piscine e palestre. Non c’è una norma che li costringa alle dimissioni o ad essere esonerati. C’è ancora la totale impunità. Al contrario di quel che avviene negli Stati Uniti, invece, dove esiste lo U.S. Center for Safesport, un organismo indipendente che giudica i reati sessuali ed ha la facoltà di prendere provvedimenti, come la radiazione e il licenziamento dell’abusante in modo autonomo. In Italia, invece, ci si aggrappa alla “prevenzione”. I dati allarmanti del Telefono azzurro devono far riflettere. E lo stesso presidente Ernesto Caffo più volte ha invitato federazioni e società ad affrontare con serietà l’argomento, perché esiste “un velo che copre gli abusi nel mondo dello sport”. Da un’indagine di Telefono Azzurro e Doxa Kids emerge che il 10% dei ragazzi intervistati è stato vittima di bullismo in ambienti legati allo sport. Quel che è più inquietante è un altro numero: il 4% dei casi di abuso sessuale offline – gestiti dal Centro di Ascolto 1.96.96 – è avvenuto all’interno di impianti sportivi. Nel 3% di questi episodi il presunto responsabile è l’allenatore. Ecco perché Telefono Azzurro e tutte le “onlus” che difendono i diritti dei minori da sempre chiedono un intervento deciso delle organizzazioni sportive e delle istituzioni. Suggerendo ai ragazzi sul come difendersi dalle avance degli “orchi” la cui presenza inquina i nostri vivai. Riconoscere i mostri non è facile: perché i loro sorrisi, le pacche sulle spalle e i complimenti possono sembrare sinceri. Giusto insospettirsi quando l’allenatore si spinge oltre, elargendo regali di ogni tipo per conquistare la fiducia delle sue prede: cellulari, ricariche telefoniche, playstation. La trappola a questo punto si trasforma in ricatto, con frasi del tipo “toccami, altrimenti potrei decidere di non farti giocare...” (gli archivi delle procure federali sono pieni di queste testimonianze...). A quel punto, se non intervengono i dirigenti , talvolta distratti ma anche conniventi, tocca ai genitori capire la verità interpretando lo sguardo dei propri figli. E smascherare quei pedofili eleganti e generosi nascosti dietro la tuta di un istruttore.

"Purtroppo però ci troviamo di fronte a tanta omertà - racconta una delle tante mamme coraggio che ci hanno contattato -. Ho vissuto una terribile esperienza con mia figlia di 5 anni, e dopo la nostra prima denuncia al presidente di un centro ippico lombardo, invece di ricevere aiuto e collaborazione lì hanno messo in dubbio la nostra parola e sminuito il fatto... Per loro era molto più importante conservare un cliente in più che tutelare gli interessi di mia figlia, e così ce ne siamo dovuti andare via noi, mentre il molestatore di cui tutti sapevano ha potuto continuare a far del male a bambine sempre più piccole e in modo sempre più grave...non me ne faccio una ragione, anche perché le condanne della giustizia sportiva sono spesso tardive e non compensano il dolore provato...". (5 -Fine)