Sanatoria mancata: 27mila in attesa in Lombardia

Sono i lavoratori stranieri irregolari lombardi che, da due anni, aspettano di sapere se la loro posizione può essere regolarizzata

Lavoro

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Milano - Sono quasi 27mila i lavoratori stranieri irregolari lombardi che, da due anni, attendono di sapere se la loro posizione può essere regolarizzata. Dal 2020, il tempo per loro e per i datori di lavoro, è trascorso invano, perché sono ancora in attesa se la loro domanda sarà accolta o rigettata. Parliamo di circa il 57% delle 46864 istanze presentate alle prefetture lombarde, in risposta alla sanatoria per i lavoratori stranieri irregolari impiegati in agricoltura e nel settore domestico, dal governo Conte II a maggio 2020. A livello territoriale emergono forti disparità tra le varie province, come si rileva dal report della campagna “Ero straniero“, che è tornato a denunciare i lunghi tempi di valutazione delle domande di emersione. Dai dati aggiornati forniti alla campagna dal ministero dell’Interno, emerge, ad esempio, che a Milano, a fronte di oltre 26 mila istanze, in due anni sono arrivate a conclusione circa 5800 (il 21%) di cui 5202 permessi di soggiorno rilasciati e 533 rigetti.

Non è un caso isolato tra le grandi città: a Roma è stato esaminato il 18% delle istanze, a Napoli il 14%. Record negativo anche per Brescia, dove a fronte di 5023 istanze, sono stati rilasciati 1645 permessi di soggiorno, mentre 981 domande sono state rigettate: di fatto, manca però da esaminare quasi il 48% del totale. A Bergamo, la percentuale di istanze da lavorare scende al 31%, a Como il 34%, a Mantova il 38%. La più virtuosa è Lecco, dove, in Prefettura, mancano 34 domande a cui dare risposta, il 3% del totale. Il tema dei tempi lunghi, legato anche al numero insufficiente di personale rispetto alle pratiche, non è nuovo ed è stato oggetto di manifestazioni e presìdi nei territori dove il problema è maggiore; sui tempi inaccettabili dell’esame delle pratiche è intervenuta, tra l’altro, anche la condanna del Tar Lombardia, che ha ricordato con alcune sentenze quanto prevede la Costituzione rispetto ai tempi certi dei procedimenti amministrativi. Altro dato che, però, sta emergendo man mano che aumentano le istanze esaminate, è l’alto numero di rigetti.

A livello complessivo , in Lombardia, sulle 20mila pratiche esaminate, il 20% ha avuto esito negativo a fronte di una media nazionale dell’11%. Anche in questo caso, ci sono disparità tra le varie province: nel Bresciano, ad esempio, la percentuale sale al 37%, seguita a stretto giro da Pavia con un 36%. Secondo quanto rilevato nel dossier, una delle cause più diffuse di rigetto, sembra riguardare il requisito dell’idoneità alloggiativa. "Si può facilmente cogliere come sia paradossale chiedere tale documentazione a persone che vivono e lavorano irregolarmente sul nostro territorio e che, banalmente, non possono registrare un contratto di affitto". Un paradosso che ha determinato "l’esistenza di un mercato informale di certificati di idoneità alloggiativa, pagati spesso a caro prezzo, che in molti casi ha comunque determinato l’esclusione dalla procedura". La maggior parte dei rigetti finisce, inevitabilmente, davanti ai Tar, con esiti diversi: quando il ricorso viene accolto, di fatto l’iter deve ripartire.