Coronavirus in Lombardia, il vero picco a metà marzo

La conferma dell’Istituto superiore di Sanità nel report mensile. Varese la provincia meno in difficoltà

Coronavirus

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Milano, 7 giugno 2020 - Il report dell’Istituto superiore di sanità lo conferma. Pochi, pochissimi casi, ma identificati con certezza, indicano malati confermati con diagnosi di Covid-19 per i quali i sintomi sono iniziati a fine gennaio. Quando tutti ritenevano che il coronavirus fosse un problema cinese. Ben prima del codognese battezzato “paziente 1“, per il quale per qualche giorno si è andati a caccia del primo malato cui imputare l’importazione del contagio. Troppo tardi. Stando alle curve contenute nel grafico pubblicato dal Ministero della Salute, infatti, le date dell’epidemia in Lombardia vanno ritarate e spostate all’indietro di anche un mese. Il picco registrato dai laboratori è piazzato intorno al 13 marzo, quando si raggiunse e superò la quota di 2mila tamponi positivi in un solo giorno nell’intera regione.

Ma il vero picco, stando alle informazioni raccolte dall’Iss, è di almeno una settimana prima, a cavallo fra il 6 e il 9 di marzo, quando seimila diverse persone poi testate come positive al Sars-Cov-2, riferiscono di avere accusato i primi sintomi. Proprio alla vigilia di quel lockdown tanto nocivo per l’economia, ma giunto forse troppo tardi per evitare l’esplosione dell’epidemia in alcune province, come Bergamo, particolarmente funestate dalla malattia.

Ma l’analisi in retrospettiva non cambia una situazione per ora non eccessivamente critica. L’indice di contagio in Lombardia rimane - ancora - nonostante la riapertura e le mille critiche alla “movida“ sotto la soglia di 1, che è quella in cui gli esperti considerano possibile una ripresa veloce della diffusione del coronavirus. Attualmente siamo a quota 0,91, quindi sul limite. Ma la situazione, d’altronde, non è identica in tutti i territori lombardi. E in genere, stando ai dati del report precedente, sono più in pericolo le province fin qui meno devastate dal virus, dove il contagio avrebbe più spazio per allargarsi. E che l’andamento dell’epidemia sia stato diverso a seconda dei territori lo dimostra un altro dato dello studio ministeriale: con i suoi 89mila casi la Lombardia conserva la maggioranza relativa dei malati di Covid, il 38% del totale. Ma il picco è passato da tempo. A Milano e provincia lo spartiacque della lenta discesa è stato il 9 aprile, quando si superarono i 500 casi in un giorno. A Brescia, invece, la soglia fu raggiunta e superata il 15 marzo. A Bergamo, segno che il contagio è stato virulento in modo costante, non si segnano picchi particolari, ma per un mese si è rimasti stabilmente tra i 200 e i 500 contagi confermati ogni giorno. Non un picco, dunque, ma un lungo periodo di elevata circolazione del Covid-19.

E poi arriva il capitolo dell’incidenza di casi ogni centomila abitanti. La Lombardia è la regione del Nord più colpita, come noto. Tutte le province sono al di sopra della soglia dei 500 casi ogni 100.000 abitanti. L’unica a posizionarsi nella soglia immediatamente superiore è Varese, fra i 200 e i 500. Lo stesso del Trentino. Però nessuna delle province confinanti è nella stessa condizione. Un’anomalia positiva che segna anche una linea di difesa per gli ospedali del territorio.