Tangenti, la difesa di Caianiello: "Facevo politica, soldi leciti"

Sette ore di interrogatorio davanti ai pm: "Ero influente e avevo autorità"

Nino Caianiello

Nino Caianiello

Milano, 15 giugno 2019 - Sette ore di interrogatorio, al quinto piano della Procura, davanti al pm Luigi Furno, ore in cui non sono mancati momenti di tensione e incomprensioni tra la linea difensiva adottata e le contestazioni rivolte dei giudici. Ieri è stato il giorno di Nino Caianiello, ritenuto il «burattinaio» di un vasto sistema di tangenti in Lombardia. Per il politico, in carcere anche con l’accusa di associazione per delinquere, accompagnato dalla polizia penitenziaria, e dall’avvocato Tiberio Massironi, è il primo interrogatorio nell’inchiesta dei pm Silvia Bonardi, Luigi Furno e Adriano Scudieri. Intanto molte ammissioni sono arrivate da indagati e arrestati sentiti nelle ultime settimane, tra cui anche Alberto Bilardo, ex segretario di FI a Gallarate (Varese) uno degli uomini che «lavorava» più a contatto con Caianiello. Tra gli indagati anche l’ormai ex eurodeputata «azzurra» Lara Comi per lei l’accusa è quella di corruzione, finanziamento illecito e truffa al Parlamento europeo.

Caianiello, nel corso dell’interrogatorio, ha fatto un «cappello» generale sull’ambiente politico in cui ha operato a partire dagli anni Ottanta fino al suo arresto. Come ha detto il legale «ha chiarito» le contestazioni in base «al suo punto di vista», ma poi si è fermato lì. «Nessun ripensamento su nulla, solo una diversa visione delle cose», ha detto il suo avvocato Massironi. «Facevo politica, ero influente e avevo l’autorità per occuparmene, avevo avuto la delega da Lara Comi e dai coordinatori varesini di Forza Italia che l’hanno preceduta». Così l’inizio della sua difesa davanti al pm Furno, per Caianiello quel potere bastava e avanzava per giustificare movimenti di denaro e nomine pilotate. L’accusato però, non ha saputo o voluto dare giustificazione diversa alle contestazioni, se non quella di un potere legittimato dal partito, in particolare dalla stessa Comi.

Ha negato - entrando nel merito delle accuse - di aver ricevuto «retrocessioni» illecite, ma ha parlato solo di soldi versati «in chiaro» al partito, soldi ritenuti da lui sempre tracciabili. Il «ras» dei voti di Fi a Varese, anche accusato di istigazione alla corruzione nei confronti del Governatore Attilio Fontana (indagato per un’ipotesi di abuso d’ufficio), avrebbe confermato soltanto di aver preso 500 euro da Paola Saporiti, ex assessore di Cassano Magnago (Varese), usati per piccole spese del partito. Per il resto, ha parlato solo di denaro arrivato al partito o ad Agorà, associazione culturale legata a Fi. «Ora quindi, Caianiello farà le sue valutazioni», ha spiegato ancora l’avvocato. Dopo aver approfondito e riletto le carte e le intercettazioni depositate agli atti - le nuove contestazioni sarebbero allo stato «embrionale» - in una decina di giorni dovrebbe decidere se rendere un nuovo interrogatorio. Caianiello era stato arrestato il 7 maggio scorso nell’ambito di un’operazione che aveva portato a 43 misure cautelari. Tra le persone arrestate anche il consigliere lombardo di Forza Italia Fabio Altitonante e l’ormai ex consigliere comunale milanese, sempre berlusconiano, Pietro Tatarella. Intanto il gip Raffaella Mascarino ha accolto la richiesta degli arresti domiciliari avanzata dai difensori di Alberto Bilardo, ex segretario di Fi a Gallarate e di Sergio Salerno, sindacalista di Amsa.