Boom di estrazioni nei siti minerari. Dal rubinetto? L’acqua resta in bottiglia

Prima regione per prelievi con 3,8 milioni di metri cubi. L’ Istat: incremento record del 19,2% in un anno

Bottiglia di plastica in una foto di archivio

Bottiglia di plastica in una foto di archivio

L’estrazione di acqua per la produzione di bottiglie continua ad aumentare. Lo rivela l’Istat, nel dossier diffuso in occasione della Giornata mondiale dell’acqua istituita dalle Nazioni Unite nel 1992 e celebrata ogni anno il 22 marzo. In Italia, secondo gli ultimi dati disponibili, sono oltre 19 milioni i metri cubi prelievati con un incremento del 17,6% rispetto al 2015 e del 9,3% anno su anno (+1,6 milioni di metri cubi estratti). La metà si concentra al nord con quasi 10,3 milioni di metri cubi (di cui 7,4 estratti nel Nord-ovest), il 54,3% del totale nazionale. Il record è in Lombardia con 3,8 milioni. Mentre si intensifica l’allarme per la siccità e le riserve idriche scarse, le estrazioni per fini alimentari continuano a ritmo serrato. 

Milano - Più di 150 euro all’anno escono dal bilancio familiare per l’acquisto di bottiglie d’acqua. Il dossier diffuso dall’Istat in occasione della Giornata mondiale dell’acqua calcola una spesa media mensile di poco superiore ai 12,50 euro. Con più di una famiglia su quattro che dichiara di non bere dal rubinetto per mancanza di fiducia nel proprio acquedotto. La corsa alla bottiglia non sembra risentire dell’emergenza acqua, alimentata in questi mesi dagli allarmi lanciati da più fonti per le riserve idriche prosciugate da un inverno particolarmente avaro di pioggia. Neppure le previsioni a lungo termine sembrano riportare il sereno, soprattutto in Lombardia, regione dove la carenza d’acqua non è mai stata un problema: l’Ipcc - il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico formato nel 1988 da due organismi delle Nazioni Unite, l’Organizzazione meteorologica mondiale e il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente per studiare il riscaldamento globale - ha preventivato entro fine secolo un calo del 30% delle precipitazioni nelle regione. Nonostante questo, le estrazioni di acque minerali per la produzione di bottiglie continuano a crescere. Secondo il dossier dell’Istat, tra le 14 regioni col segno più la Lombardia è quella con gli aumenti più alti: 609mila metri cubi in più in un anno, un incremento del 19,2%.

Sono sei , in Lombardia, le aree dove sono in vigore concessioni per i prelievi di acque minerali e termali: Bergamo, Brescia, Como, Lecco, Pavia (solo termali) e Sondrio. In base alla legge regionale, le Province con giacimenti rilasciano l’autorizzazione al permesso di ricerca valido tre anni e prorogabile solo per altri due. Parallelamente arriva l’ok alla coltivazione e allo sfruttamento dei giacimenti fino a un massimo di trent’ anni. I titolari pagano due canoni per la concessione: uno in base alla superficie dell’area, adeguato ogni biennio secondo il costo della vita aggiornato dall’Istat. L’altro, semestrale, è calcolato in proporzione all’imbottigliamento: il 60% finisce nelle casse dei Comuni in cui ricade la concessione, il restante 40 è diviso equamente tra i Comuni dove si imbottiglia e la Provincia. Secondo l’ultimo monitoraggio di Regione Lombardia, le concessioni per lo sfruttamento dei giacimenti si estendono su un territorio di circa 5mila ettari per un canone complessivo di poco inferiore ai 384mila euro. Mentre i 3,6 milioni di metri cubi imbottigliati tra plastica (pet, 2,9 milioni) e vetro (545mila) portano nelle casse degli enti locali oltre 4,2 milioni. Brescia e Sondrio sono i territori con più concessioni: con 1.387 e 1.309 ettari rappresentato la metà del totale della regione. Mentre per gli incassi in base alle aree destinate alla produzione di acqua minerale e termale dietro a Brescia (242mila euro) c’è Bergamo (poco più di 50mila euro). Più redditizi sono gli introiti da imbottigliamento: 1,5 milioni nella Bergamasca, 1,1 milioni in Valtellina e quasi 777mila euro in provincia di Brescia.