San Giuliano, mamma e bimbi prigionieri dopo il Covid: "Isolati sì, ma dalla burocrazia"

Mamma debolmente positiva, bambini negativi: quarantena finita ma non possono tornare a scuola

Mamma e figlia sintomatiche si sono rivolte al Drive Through del San Paolo

Mamma e figlia sintomatiche si sono rivolte al Drive Through del San Paolo

San Giuliano Milanese (Milano), 23 ottobre 2020 - «Siamo incastrati dalla burocrazia: senza regole certe, la nostra famiglia rischia una quarantena senza fine". È una storia che ha dell’incredibile quella accaduta a un nucleo familiare di San Giuliano Milanese, dove quattro persone – mamma, papà e due bambini di 7 e 9 anni – sono caduti in una falla delle procedure anti Covid.

Tutto è iniziato il 3 ottobre con un raffreddore, poche linee di febbre e un encomiabile senso civico che si è trasformato in un boomerang. "Mia moglie e la bambina di 9 anni sono tornate a casa con qualche linea di febbre, così per scrupolo sono andate al servizio Drive Through dell’ospedale San Paolo a fare il tampone", racconta il papà, che vista la delicatezza della vicenda preferisce l’anonimato. La moglie è risultata positiva, mentre per la bambina il test ha dato esito negativo. Immediatamente è scattata la quarantena per tutta la famiglia, che vive nella frazione di Carpianello. Genitori in smart working e scuola sospesa per i bambini che, essendo gli unici in quarantena delle loro classi, non hanno potuto accedere alla didattica a distanza. Qualche giorno dopo, la donna sta meglio.

E il 16 ottobre, d’accordo con il medico di base, torna al San Paolo per un secondo tampone per valutare l’eventuale guarigione. "L’esito è stato: debolmente positivo", ricorda il marito. A quel punto, il medico spiega alla donna che il nuovo protocollo per quella che è considerata una lunga positività prevede che la quarantena possa essere interrotta 21 giorni dopo la scomparsa dei sintomi. E qui inizia il dramma. "Tre giorni dopo – continua il racconto dell’uomo – io e i bambini siamo andati all’ospedale di San Donato a fare un test a pagamento, che ci è costato 92 euro a testa. Per fortuna siamo tutti e tre negativi, quindi eravamo felici perché pensavamo di avere risolto la situazione".

Ma a questo punto si innesca il corto circuito della filiera sanitaria. "Il pediatra dei bambini si è rifiutato di rilasciare il certificato medico per la riammissione dei bambini a scuola – dice il papà – e non firmerà fino a quando mia moglie non risulterà negativa. È una situazione paradossale: domani scadono i 21 giorni e tutta la famiglia può uscire di casa, i bambini possono andare al parco, è perfino possibile andare a mangiare la pizza tutti insieme per lasciarci alle spalle questa brutta storia. Eppure, senza il nulla osta del pediatra i miei figli non possono tornare a scuola".

I bambini non fanno lezione dall’inizio di ottobre, l’unico contatto rimasto con la scuola è la chat di WhatsApp con le lezioni e i compiti inviati dalle maestre e da qualche compagno di classe per cercare di rimanere al passo col programma. E a farli studiare sono i genitori. "Cosa dico ai miei bambini: è lecito andare al parco giochi, incontrare gli altri amici per strada, ma non frequentare la scuola? È già passato un mese, a questo punto non sappiamo fino a quando dovranno rimanere a casa. Abbiamo già speso 276 euro per i tamponi, e per fortuna è una spesa che possiamo sostenere, ora che per la sanità mia moglie è fuori pericolo dovrà continuare a fare i test a pagamento e non sappiamo quanti ne dovrà fare prima di risultate completamente negativa".