Coronavirus, a Milano meno gente a Chinatown. Sala: "Attenzione, ma niente psicosi"

Italiani e cinesi nei bar e negli alimentari, anche se gli affari vanno a rilento. Vuoti i ristoranti

Via Paolo Sarpi a Milano, forte presenza di imprese cinesi (Newpress)

Via Paolo Sarpi a Milano, forte presenza di imprese cinesi (Newpress)

Milano, 31 gennaio 2020 - "Evitiamo la psicosi, oggettivamente queste pandemie quando si sviluppano non vanno sottovalutate ma certamente ci sono anche i mezzi per fronteggiarli". Sono queste le parole del sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ai microfoni di Rtl 102.5. "Niente psicosi però grande attenzione e devo dire che, dovendo essere molto concreti, a Milano già stiamo vedendo degli effetti anche sul funzionamento della città e dell'economia - ha proseguito il primo cittadino. Ad esempio: il turismo cinese a Milano porta 300 milioni al mese, si è già dimezzato. È chiaro che delle ragioni ci sono ed è chiaro che c'è molta paura. C'è chi consiglia di vaccinarsi perché l'influenza associata ad un potenziale coronavirus sarebbe molto peggio. Quello che dico è: attenzione ma niente psicosi. Sospensione del Capodanno cinese? Queste sono misure di prudenza che vanno prese".

Intanto, nella Chinatown milanese la giornata scorre senza grandi cambiamenti: c'è meno gente del solito, ma il coronavirus non ha spento il quartiere, dove comunque in questo venerdì dalle temperature primaverili non sono pochi gli italiani e cinesi che bevono un caffè all'aperto e vanno a fare acquisti anche alimentari. "Certo c'è meno passaggio di gente in questi giorni e anche gli affari vanno un pò a rilento ma non c'è allarme" dicono due signore che gestiscono un negozio di calzature. Rilassati anche i due giovani gestori di un negozio di parrucchieri: "Nessun allarme i clienti sono quelli di prima". Va decisamente peggio sul fronte ristoranti che accusano un calo massiccio di clientela.

A passeggio per via Paolo Sarpi anche una signora di una certa età con un cartello con scritto 'Viva la Cina'. "Ieri sono andata in un ristorante cinese a portare la mia solidarietà ed era deserto, vedevo i camerieri quasi in lacrime e - ha spiegato Lorenza - ho sentito il bisogno di fare qualcosa ...forza Cina". Il desiderio di fare qualcosa per la Cina e per i parenti lontani accomuna un pò tutta la comunità: "Stiamo pensando a come aiutare i nostri connazionali - spiega una signora, in Italia da 20 anni - ma lo sa che le mascherine a Milano sono finite perché le abbiamo acquistate tutte per inviarle in Cina?".

A dimostrare vicinanza alla Cina anche la Confcommercio e l'assessora alle attività produttive del Comune, Cristian Tajani, con un pranzo a base di ramen e costine. "Sono qui per portare un messaggio di solidarietà alla comunità cinese e di rassicurazione ai cittadini sulla diffusione del rischio" ha detto Tajani, spiegando che l'invito del Comune è "a non lasciarsi prendere da preoccupazioni immotivate e irrazionali che penalizzano il tessuto economico di una parte della nostra città: non c'è nessun rischio nel frequentare i ristoranti cinesi e non c'è nessun rischio per i bambini che frequentano scuole in classi miste. Per ogni dubbio il consiglio è di affidarsi alle autorità e non al fai da te e ai social. In ogni caso il nostro paese ha preso provvedimenti cautelativi, è stata appena dichiarata l'emergenza sanitaria per sei mesi, i cittadini possono stare tranquilli".

Da parte sua Francesco Wu, consigliere di Confcommercio e referente per l'imprenditoria straniera, a tavola ha raccontato diversi episodi di discriminazione che gli sono stati riferiti, da un'amica cui è stato negato di salire su un taxi a bambini che sono stati scherniti. "Informare e informarsi va bene, la psicosi no - ha detto Wu - Se ci si informa bene si capisce che la probabilità di essere colpiti è davvero bassa, quanto quella di prendere un aereo, e in altri paesi d'Europa non c'è questa psicosi verso le attività asiatiche". "Non bisogna creare allarmismi, Milano è vicina alla comunità e alle imprese cinesi" ha ribadito il segretario generale di Confcommercio Marco Barbieri, spiegando che "le difficoltà ovviamente ci sono". Per questo chiede alle autorità di "valutare un tavolo di confronto per capire se si possa pensare a degli ammortizzatori sociali particolari per sostenere quelle imprese che stanno vivendo un momento di difficoltà". Secondo i dati della Camera di Commercio di Milano Monza Brianza e Lodi sono diecimila le ditte con un titolare cinese attive in Lombardia su un totale di 51 mila in Italia. A Milano, secondo l'assessore Tajani, sono 28.000 i cinesi residenti a portare avanti 4.000 aziende attive tra città e provincia, di cui 1.200 impegnate nel settore della ristorazione, il più colpito dalla psicosi Coronavirus, come confermato dagli esercenti di Chinatown.